3) Uomo che parlava con le stelle 91-150

Thomas Intervista

<Quanta strada hai fatto per parlare con un piccolo uomo.” Indossava una divisa sgualcita senza insegne parlava un francese molto elegante ma essenziale, gli sorrise e guardò ancora Dashan con maggiore affetto quasi con riconoscenza; Ruggero rimase in silenzio per un poco, sapeva della semplicità del personaggio ma non immaginava fino a questo punto, Inoltre era più giovane di come lo riportavano le foto. Un ragazzo cresciutello con cui giocare a palla in una piazzola di periferia, Era una delle poche volte in vita sua che rimase davvero senza parole.

Poggiò la borsa sul tavolo sporco di un pasto veloce e poi istintivamente lo abbracciò.

<Buongiorno Signor Presidente è un onore esserti così vicino ti ringrazio per la tua accoglienza> usò il Tu perché qualsiasi altro modo sarebbe stato falso e inopportuno.

<Desidero conversare con te>, stava prendendo il registratore Panasonic portatile dalla borsa ma lo ripose subito. <Ero venuto per farti una intervista, uno scoop, ma invece adesso guardandoti ho piacere solo a conversare con te se me lo permetti, lo Scoop lo faremo un’altra volta> accettò abbozzando col capo e con un breve sorriso quasi timido e riattaccò

<Non lo so se ci sarà un’altra volta Ruggero, la mia vita scorre molto veloce, più di quanto vorrei, non programmo niente, non posso, vivo alla giornata anzi al minuto.

In questo momento certamente sta succedendo qualcosa nel mio paese, ma soprattutto fuori, ormai hanno deciso tutto, lo sento.

E sento anche che non riuscirò a fare tutto quello che volevo per il mio paese, per l’Africa, questo continente ancora immacolato con piccole macchie estranee, chiaro oscure che lo deturpano con delle ferite orrende, ma che possono essere pulite, guarite. C’è la farò?>

<E’ il mio grande cruccio. Sono diventato presidente solo per questo, per pulire il marcio che si è generato in questi ultimi decenni, ripeto non è difficile,

Questo continente è antichissimo Ruggero, non dipende da queste cose recenti, ha superato di tutto nei millenni.

Tu sai che da queste parti è stato generato un umanoide, con le sembianze di un uomo. Pensa quanti millenni fa. Pensa come il tempo scorre e muta le cose. Tu Ruggero vivi con un orologio da corsa. Tutto deve succedere subito sennò è un insuccesso, la vita cresce e si evolve con più lentezza, e L’Africa cresce con il ritmo della natura degli alberi, delle sequoie delle montagne del Kilimangiaro con la placidità dei fiumi. Con il ricambio delle stagioni. Non abbiamo fretta, non abbiamo obbiettivi manageriali da conseguire, preoccupati che diversamente perdiamo il posto di lavoro. >

<Siamo stati fatti in maniera diversa che da voi> aggiunse continuando a guardarmi con affetto. <Tutto quello che io non potrò fare, sarà comunque fatto.> Dash semisdraiata su una amaca di canne ci guardava sottecchi, approvando con una espressione enigmatica sulle labbra, si alzò per sbucciare sapientemente un mango ancora verde, che assaggiò e poi ce lo offrì ritagliato alla maniera locale.

Era freschissimo aspro senza essere amaro, lo gustarono insieme e Thomas mangiò anche la buccia, <é ricchissima di vitamine> disse come a rispondere al mio sguardo interrogativo, <e poi non si spreca niente della natura Ruggero. Il Dio che ha fatto tutte le cose, ed anche noi, ci ha permesso di crescere nel significato della natura, ma non ci ha dato il permesso di violentarla o di sprecarla tantomeno di dominarla assoggettandola ai nostri fini.

Vedi Ruggero questo paese, il nostro paese, un tempo rigoglioso e verdeggiante produceva quanto necessario per alimentarci. Dopo, quando qualcuno dei nostri avi, pensò che piuttosto che cibarci di quello che spontaneamente la natura ci donava, poteva essere utile organizzare la natura per renderla più produttiva, cambiò tutto. E tutto il male di questo pianeta comincia da là.

Da quel momento, quando sperimentammo che potevamo violentare la natura impunemente per assoggettarla alle nostre necessità non di vita, ma di utilità economica. Abbiamo assimilato la natura ad una moneta di scambio. La natura come una banconota. Quale violenza più grande, quale abuso più grande, quale brutalità più grande. Di asservire quello che spontaneamente ti alimenta, ti dà vita e ti protegge. Tutto cominciò in quel momento e non si è più fermato, ed oggi questo paese, una volta rigogliosissimo, soffre la fame.

Ma tutta l’Africa soffre la fame, ma tutti gli umani soffrono inconsapevoli della causa della loro sofferenza, malattie pandemiche, ma soprattutto malattie di malessere.

Guardati allo specchio e misura quanto è grande la tua sofferenza; più della mia, perché io ho consapevolezza del mio malessere e tu anche se dotto non conosci la causa della tua sofferenza. E mai potrai colmare questo vuoto riversando dentro surrogati del benessere E come disperderli in un profondissimo baratro scuro, di cui non vedi mai un fondo, e che non colmerai mai in questo modo. Anche tu sei una brava persona Ruggero, mia sorella Dash me l’aveva detto, mi auguro di incontrati ancora in questa o in una altra vita, adesso devo andare il paese aspetta. Buona vita.

Si fermò con le mani ancora protese in aria quasi a volere rafforzare le sue parole e poi le riunì in segno di preghiera ed andò via.

Ruggero era ormai totalmente preso dalle riflessioni di Thomas, nemmeno i rumori che provenivano dalla foresta vicina riuscivano a distrarlo; poi ancora una volta osservava le nuvole basse che si stavano appressando dalla palude dove tentava di immergere lo sguardo per nasconderlo anche a sé stesso.

Gli succedeva alla stessa maniera quando in autunno al largo delle isole smetteva di pescare e rivolgeva la prua ad occidente, la bruma autunnale montava lieve preparandosi ad accompagnare la luce dell’alba, lasciando intravedere i primi riflessi del giorno.

Fermava il motore e rimaneva alla deriva per un tempo che sperava infinito, per non perdere alcun dettaglio di quel miracolo che ogni giorno si rinnovava, e poi come sempre arrivava lei la regina del cielo.

Tutto si schiariva ed anche la bruma gli faceva spazio diradandosi come le quinte di un teatro, ed arrivava Lei. L’alba. Ogni volta sperava che fosse la sua alba. Il nuovo giorno della sua vita. Il cambiamento di qualcosa che voleva che accadesse finalmente.

Con Francesco non era mai sufficientemente sincero, sapevano entrambi perfettamente che il suo atteggiamento arrendevole, non era mai una resa definitiva. Voleva trovare un involucro nuovo che senza essere una corazza lo calzasse perfettamente senza sbavature, aderendo perfettamente alla sua pelle, alle sue ossa, ai suoi neuroni; che fasciasse il suo cuore e lo riponesse nel suo nido primogenito. In un luogo dove potesse guardarlo gioendo che potesse carezzare senza distruggerlo. Che anche gli altri potessero osservare percepire anche quando era completamente senza difese.

Covenas forse era stato quel luogo. Ogni volta tentava di cancellarlo con un colore nero indelebile, però riemergeva sempre, anche fra le isole dall’altra parte già stava scorgendo le prime palme del Caribe. Chissà cosa pensavano i pirati quando giunsero per la prima volta su questa costa infinita.

Sarà che riuscivano a spartirsi il bottino quando le sirene cominciavano a danzare sulle arcate di Cabo San Juan e Santa Marta cominciava ad ammaliarli con le melodie  della Guaina. E quando in cerca di acqua e si perdevano nei meandri del “los Novios” riuscivano ancora a sentirsi Conquistadores; per Ruggero L‘incanto cominciò molto prima.

Gli riecheggiavano ancora le parole di Thomas nelle orecchie quando sentì la mano di Dash sfiorargli la spalla come una carezza dolce e protettiva. Tutti gli argomenti, dalla nigrizia al colonialismo che lui conosceva molto gli erano stati rovesciati addosso con una logica ed una forza stringente, si sentiva trafitto da ogni parola e da ogni dettaglio ed impotente.

Ma cosa aveva fatto fino ad oggi per evidenziare nel suo mondo quelle verità storiche manifeste? Di tanto in tanto le aveva certamente sottolineate, ma mai con quell’impegno stringente, perseverato, e propositivo con cui sarebbe stato necessario ed opportuno perché divenissero una opinione ricorrente.  

Piuttosto le aveva esternate forse con forza, in qualche conviviale con amici incravattati alla moda dei radical chic. Tentava anche di tenerli nascosti anche a sé stesso in qualche parte recondita della sua mente. Era consapevole di non essersi impegnato più di tanto per renderli manifesti e per questo si sentiva in colpa, E Thomas aveva aperto le persiane. La cosa poi che lo sorprese fu non aver capito il rapporto familiare fra Dash E Thomas; come aveva fatto a non capirlo?. Eppure avrebbe dovuto intuirlo se non dai tratti fisici certamente dal carisma manifesto di Dash, così simile alla personalità di  Thomas.

 Sentiva ancora la mano delicatissima sfiorargli la spalla e la nuca, lo voleva rasserenare, percepiva tutto di quello che gli stava passando per la testa e sembrava sussurrare <sta tranquillo non hai alcuna colpa>. Thomas ormai era andato via da un pezzo, quando si sentì il motore di un’auto che stava parcheggiando rombando.

Entrò un giovane militare che parlò veloce con Dash in Mossi, Ruggero comprese che stava succedendo qualcosa e quando Dash si avvicinò gli spiegò che in città c’erano stati movimenti di mercenari stranieri, e che quindi Thomas ordinava di portare immediatamente Ruggero fuori dai confini, perché Burkina a brevissimo poteva diventare pericolosa anche per lui.

 Dillon, il braccio destro di Thomas, era venuto per scortarlo e dovevano fare presto.

Si diressero velocemente con entrambi le auto nella sua all’abitazione, scansando il traffico e gli ingorghi sempre più presenti per strada, traversarono anche i posti di blocco senza rallentare, mentre incontravano numerosi mezzi militari dell’esercito che andavano verso il centro a sirene spiegate; Dash seguiva Dillon anch’essa veloce ma non disse una parola.

Quando furono a casa chiuse la porta e si strinsero in un abbraccio carnale infinito e mentre Ruggero gli chiedeva di andare via con lui, lei stringendolo ancora più forte rispondeva che doveva stare la a combattere per Burkina e per suo fratello < La mia missione è Burkina Ruggero, e non posso abbandonare mio fratello, scapperei con te adesso stesso, lo capisci? Ma non posso abbandonare mio fratello, il mio paese. >

Rimasero ancora così abbracciati, fino a quando da giù Dillon cominciò a pigiare il clacson sempre più insistentemente; si doveva fare in fretta. Raccolse i pochi indumenti veloce, ed insieme scesero le scale in mezzo alla gente che commentava preoccupata il frastuono anche di spari che giungeva dalla città.

Dillon lo fece salire nella Jeep e senza nemmeno dargli il tempo di un ultimo saluto, si avviò velocemente nelle strade di periferia verso l’altipiano di Guaromo, per raggiungere il confine del Ghana. Uno dei passaggi che si riteneva più sicuro per uscire da Burkina

Erano circa 200 Km ma ci misero quasi 6 ore, Dillon non aveva detto una parola, ogni tanto si connetteva con la radio, e sempre nella sua lingua madre Mioni, sembrava dare ordini, poi riagganciava.

Lo lasciò al posto di confine dopo essersi assicurato che Ruggero aveva passato i controlli doganali. Prima di salutarsi gli diede un bigliettino con i suoi numeri ed una mail. <Prova ma non sarà facile contattarmi si abbracciarono come fosse l’ultima volta e andò via velocemente.

accra frontiera francesco

Nel piccolo borgo vicino la frontiera, Ruggero riuscì a trovare un camioncino agricolo che gli diede un passaggio per andare a Wa dove c’era un aeroporto collegato con Accra. Impiegarono cinque ore, costeggiando il Mole National Park. Riuscì comunque ad imbarcarsi su un bimotore di una compagnia locale che in 90 minuti atterrò ad Accra.

Arrivò in tempo per fare un biglietto su un volo diretto a Parigi. Parigi, come la sentiva così lontana Parigi; come si sentiva lontano da tutto il mondo.

L’aeroporto era molto affollato per buona parte da uomini d’affari, li riconoscevi perché quasi tutti portavano il cappello e un orologio importante, era un vezzo del luogo.

Accra era une vera metropoli, dietro il grande vetro sulla pista si alternavano gli arrivi, le partenze dei voli interni ed internazionali senza sosta, che lo distraevano molto. Malgrado il brusio di sottofondo dell’area partenze, finalmente riuscì a chiudere gli occhi. La prima cosa che vide erano i suoi occhi.

Uscivano fuori da una nube di fumo in mezzo la sterpaglia, <Dove sei?> le chiese sottovoce, sperando che non lo sentissero, lei sorrideva a modo suo, ma non rispose, piuttosto lo rassicurò. <Non sarei dovuto andarmene> aggiunse, mentre l’immagine diveniva sempre più sfocata, fino a quando l’altoparlante lo distolse ancora annunciando che il gate per Parigi era aperto-

Raccolse il poco bagaglio a mano rimastogli e si mise in coda con un gruppo di manager sicuramente diplomatici, A bordo, essendoci pochissimi passeggieri riuscì a sistemarsi in fondo alla carlinga.

Chiese alla hostess che non voleva essere disturbato e sperò di potersi finalmente assopire per qualche ora. Cercò le mentine speziate   nel taschino del giubbotto e quando le prese attaccate scorse un biglietto.

<Tu as été pour moi, la pluie et le soleil, comme les larmes de la lune qui viennent attrister mes yeux et comme les rayons du soleil qui me rendent heureuse. >

La melanconia lo avvolse totalmente <Dove sei?,dove sei?, dove sei?, > urlava mentre attraversava un tratto paludoso nella foresta di mangrovie.

Chiedeva agli indigeni, che incontrava con il carro colmo di ananas ed alla signora che si dirigeva ai pozzi a fare scorta di acqua.

Poi raggiunse un bivio, un solo cartello indicava la direzione per Diantubu, la zona mistica dei Peulh, Un sentiero appena accennato in mezzo all’erba alta, chissà da quanto tempo nessuno l’aveva percorso. Gli si fece di fronte un leone anziano. <Fermati gli disse straniero, queste terre sono sacre. Non ti appartengono e prima di avanzare devi purificarti nella cascata dei diamanti.>

La voce dell’hostess gracchiante lo svegliò di soprassalto, annunciava che erano in fase di atterraggio a Parigi e di allacciare le cinture. A bordo c’era una malcelata euforia, anche per i viaggiatori abituali l’atterraggio è sempre una liberazione. Guardava sfilare i passeggeri con la ventiquattrore di pelle: sono quasi tutti manager pensava che andavano a trovare i parenti la moglie, l’amante, il figlio il lavoro chissà.

<Ero molto preoccupato per te gli disse Francesco> appena in macchina, l’aveva raggiunto subito appena chiamato. <Anzi ero preoccupatissimo, abbiamo sentito dei movimenti che stanno succedendo in Burkina>.

Ruggero con gli occhi ancora affaticati, tentava di incontrare il sentiero che portava alla cascata, ma c’era il traffico che lo disturbava e la voce di Francesco che continuava a raccontargli come Renèe avesse chiamato l’ambasciata francese a Burkina, dove stava suo cugino, mentre lui stesso aveva contattato Marcello ma senza esito.

Quando furono a casa si diresse direttamente nella doccia dove rimase per un tempo infinito. Aveva bisogno di pulirsi dopo quasi quattro giorni di viaggio, ma soprattutto di pensare. E poi non voleva affrontare Francesco ed anche se era affamato di notizie di Burkina, avrebbe preferito cadere in un oblio per qualche giorno, prima di decidere cosa fare.

A tavola Renèe aveva preparato delle entrecôte con insalata, ed il solito rosso, ci fu un momento di silenzioso imbarazzo quando la bambina cominciò ad interrogarlo come al solito.

< ed allora zio Ruggero che ci racconti di questa vacanza? > tentò di dilungarsi inventando momenti e situazioni gioiose, e poi quando l’atmosfera si distese chiese a Francesco di aggiornarlo su Burkina, quindi spiegò sinteticamente quanto aveva vissuto, evitando di parlare di Dashane. Ne accennò solo quando gli spiegò di avere conosciuto la sorella di Sankara, e ad ogni domanda su di lei si nascondeva su situazioni elusive.

                Renèe spiegò, che aveva telefonato fino a poco prima ai suoi parenti che lavoravano nell’area diplomatica, per avere notizie fresche sul paese; anche Francesco aveva mosso le sue amicizie, però senza molto successo e nemmeno era riuscito a contattare Marcello.

Le novità erano che Burkina aveva ritirato i propri diplomatici da molti paesi occidentali; in primis naturalmente la Francia. Si erano susseguite poi diverse dichiarazioni dei vari attori politici europei e non, anche dello stesso Mitterand che in una intervista descriveva Sankara come un uomo che disturbava la pace e la democrazia.

<Ma come hai fatto ad arrivare in Ghana> gli chiese poi Francesco per la terza volta, <Ho avuto la fortuna di noleggiare un mezzo e quindi di spostarmi facilmente>. Francesco capiva che c’era qualcosa di non detto ma non insisteva anche perché percepiva la stanchezza dell’amico che non dipendeva solo dal viaggio.

Quando lo informò di botto <non ho alcuna intenzione di pubblicare alcuna intervista su Sankara, non ho nemmeno una foto di lui>, Il mistero si fece più fitto. Ritornò di nuovo nel suo rifugio quando Renèe insistette perché riposasse. Non riuscì in nessun modo a vedere la cascata e si addormentò

rientro da africa francesco 2

Quando rientrò in Italia era già pomeriggio avanzato, si rifugiò direttamente a casa sperando di non incontrare nessuno. Accese subito la televisione affamato di notizie ma non funzionava quindi accese la radio. Il caso Burkina veniva dato fra le brevi come una scaramuccia di paese. Tentò di chiamare ancora Marcello, ma senza esito. Conosceva il suo lavoro e sapeva che a volte poteva rimanere in missione nei compound anche per settimane, in assenza di collegamento.

Quando decise di distendersi nel suo letto disfatto, percepì uno scalpiccio nelle scale e quindi qualcuno che bussava nervosamente e ripetutamente alla porta; strano a quell’ora, quando aprì si trovo davanti Angela molto agitata e scapigliata che lo affrontò subito, come se si fossero lasciati un minuto prima.

<Tu ti dissolvi e poi riappari tranquillo, come al solito,> un torrente in piena, <te ne vai in vacanza senza avvisare e ricompari bello placido e tranquillo> <ti avevo chiesto di starmi vicina e te ne sei fregato. Qua le cose stanno precipitando ed io ripeto ho bisogno di te>, era estremamente agitata. Voleva informarla delle ultime settimane africane, ma lei ricominciò subito <mentre tu eri in vacanza al circolo si sono dimessi, due grossi personaggi il giudice Tiritto e l’architetto Gianelli. Fece una pausa perché lui memorizzasse i nomi, <Stranissimo perché erano arrivati da poco e si erano raccomandati anche col vescovo per essere ammessi> altra pausa con le mani aperte per sottolineare l’importanza dei personaggi;

 < ma quello che invece è molto più grave è che la procura ha aperto un’inchiesta sul suicidio del commercialista IL PARENTE DEL NOTARO> continuava con la stessa foga per scaricagli addosso qualsiasi notizia come per liberarsi di tutto quanto le era successo in quei giorni che Ruggero era in viaggio

Infine aggiunse che il nipote, unico parente prossimo, oltre che discepolo attaccatissimo e consocio nello studio, aveva chiesto alla procura, di riesumare la salma per operare una autopsia sul corpo del suicida. La moglie si era opposta disse con una nota acida.

 In una intervista aveva anche spiegato di avere parlato con lo zio poche ore prima della morte e che lo aveva trovato di buon umore; anzi gli aveva parlato di un progetto che dovevano fare insieme. Non poteva così di colpo e senza ragioni suicidarsi ripeteva il nipote agli amici ed alla procura.

 Angela lo aggrediva da tutti i lati per metterlo con le spalle al muro, e ci riusciva; Ruggero era senza difese, osservava come si alterava il suo volto, le sue labbra, i suoi occhi che scintillavano, il suo seno che sobbalzava ad ogni suo movimento, forse per attrarre maggiormente l’attenzione, -doveva avere un reggiseno a cupola molto ampio pensava, ma in questo modo lo distraeva di più;

Ad un tratto si rese conto di non esserci più; si sentiva come all’esterno di un set dove la scena continuava a girare davanti a lui, ma lui la stava guardando da fuori; poteva vedere tutti i dettagli: le persone lui stesso, e muovendo gli occhi poteva spostare i fotogrammi avanti e indietro, la poteva rivedere, ma non poteva modificarla.

Angela ancora parlava ad alta voce puntandogli il dito con fare quasi violento per convincerlo e lui quasi arretrava; ma non poteva modificare niente, di quella scena poteva, solo come con un nottolino portarla avanti ed indietro, poi la luce quasi si oscurò e gli si presentò riverso in un divano il viso del suicida, rimase impaurito.

Gli si parava davanti in piena luce, come dal vero, la stanza dove il commercialista si era suicidato, le finestre aperte. le tende che sbattevano una piccola luce che entrava dalle persiane, ed un odore acre di polvere da sparo.

Era adagiato in un modo innaturale, come se fosse caduto da qualcosa; il viso affondato nello schienale, del sangue che si intravedeva sul cuscino del divano. Una mano che sfiorava quasi terra l’altra non si vedeva. Sembrava come un sacco pieno di foglie secche rivoltato. Angela dovette stringergli forte i polsi per farlo ritornare, lo guardava stranita, <ma insomma mi ascolti o sei ancora in vacanza?> esclamò molto adirata.

Ruggero le sorrise con dolcezza le prese le mani e la baciò sulla fronte a lungo, fino a quando la sentì rasserenata. Gli raccontò velocemente cosa aveva fatto in quelle ultime settimane omettendo molti dettagli, con lo stupore e quasi invidia di lei.

Le disse infine che era molto preoccupato per Sankara, che ancora non aveva nessuna notizia rassicurante che aveva tentato di contattare Dillon, non le parlò di Dashane, ed infine ritornò sull’argomento a cui più teneva Angela, il suicidio del commercialista e le dimissioni degli altri.

Bene facciamo il punto con calma; <certamente lì dentro è successo qualcosa di molto strano. Nemmeno io sono convinto del suicidio di Del Prete, non era il tipo> e poi a parte la tensione che gli aveva visto l’ultima volta che l’aveva incontrato, era un professionista arrivato ed anche benestante.

Non aveva un buon rapporto con la moglie, lo sapevano tutti. Lui stesso da qualche tempo se la faceva con la sua segretaria mentre la moglie, era risaputo, stava con qualcuno del circolo ma non si era ancora capito chi.

La moglie era molto piacente ed un poco tutti ci avrebbero provato, ma lei sembrava avere una meta precisa, era figlia di quella borghesia. Arrivista, e sceglieva solo per interesse. Qualche volta Ruggero nonostante l’avvenenza che ostentava pensava invece che fosse totalmente asessuata.

  Le immagini si aggrovigliavano nella sua testa e si fermò un attimo per prendere fiato, mentre Angela non smetteva di assaggiare, come diceva lei i cioccolatini delle suore di S. Martino. Li aveva divorati praticamente tutti. Ne prese uno anche lui spinto dalla ingordigia con cui Angela li divorava, poi riprese con tono quasi accademico.

<La signora del Prete, aveva saputo nascondere bene la tresca, anche se le amiche del circolo chiacchieravano di un rapporto con un giovane manager, le buone donne non erano riuscite ad individuarlo> E lì approfittò per sottolineare, come una coincidenza, che il giovane presidente della banca, che era vissuto quasi sempre al nord, era rientrato da pochi anni e a quanto si sapeva non aveva alcuna relazione ufficiale.

 La banca venne fondata in pochissimo tempo, appena qualche mese dopo il rientro del manager.

<L’apertura di una nuova banca è sempre un fatto importante specialmente in una piccola cittadina del sud>, spiegò ad Angela cattedratico. < ed anche gli addetti ai lavori mi sono sembrati molto sopresi > < nessuno ha ancora capito poi di chi sono i capitali; chi ha messo la Dotazione del capitale sociale>

<All’inaugurazione poi non ha partecipato quasi nessuno dei personaggi noti della cittadina, si è svolto tutto in maniera molto dimessa, quasi senza pubblico>. -non ti ha meravigliato Angela_ e cosa ancora più strana cominciò ad avere da subito una numerosa clientela.>

Il presidente era proprio lui Giuseppe Davantali, figlio di un piccolo imprenditore locale ormai in pensione. Anche su questo naturalmente il chiacchiericcio nella cittadina non mancava. Ma chi avrà messo i soldi?

I milanesi sicuramente, si diceva, che vogliono investire al sud; fra i locali non c’era nessuno in grado di farlo? O forse sì. E li esplodevano altre congetture, che comunque non portavano a nulla di concreto.

Nella sostanza, né la tradizionale borghesia locale, che aveva i capitali appena per mantenere i latifondi e gli immobili di famiglia, né, tantomeno, la nuova borghesia avrebbero potuto raccogliere fondi sufficienti, necessari per la costituzione di una banca. Sottolineò poi, come una stranezza, che quasi tutti i componenti del circolo fossero divenuti in poco tempo clienti del nuovo istituto e che anzi in maniera non proprio velata ne promuovevano l’iniziativa.

SI fermò un attimino per assaporare un calice di vino che Angela aveva preparato nel frattempo e quando stava pe riprendere fu ancora interrotto da Angela. <La brutta Notizia che aspettavo a raccontarti è che il mio editore mi ha licenziata>. Lo disse tutto di un fiato guardando verso la finestra per nascondere tutto il suo dispiacere.

Anche Ruggero rimase stupito, ed ebbe un modo di disappunto evidente e quando le stava chiedendo le motivazioni, lei riprese <settimana scorsa mi ha fatto chiamare dal direttore, che su due piedi mi ha indirizzata alla contabilità dove era pronto l’assegno per il lavoro fatto fino a quel giorno. Licenziata causa diminuzione del personale>

<Mi ha licenziata punto e basta> concluse con una nota di tristezza ed anche con una richiesta di solidarietà evidente. Ruggero era l’ultima cosa che si potesse aspettare, ma in quella città poteva succedere di tutto.

Comparaggio

Il potere in quella parte d’Italia si muoveva come dappertutto, lui lo chiamava Comparaggio. Cumpà senti amu a fari sta cosa t’aiutu iò un ti preoccupari pi picciuli, I soldi sembrava non essere mai un problema. Il problema era mettere insieme i compari. In altre parti del mondo si chiamava, Lobby, Massoneria, Camorra, Mafia. Ma era sempre lo stesso film. Visto, rivisto, stravisto da sempre.

Un gruppo di persone di cultura omogenea e non si metteva insieme per padroneggiare qualcosa; altre persone, un territorio, l’impresa, gli affari. E poi dà la in maniera lieve o cruenta si costruiva la rete che gestiva gli interessi. Nel sistema, qualunque esso fosse, erano presenti, manager, politici, la finanza e la manovalanza che serviva per sistemare qualche cosa; gli aggiustatori. Il film però non aveva sempre un lieto fine per i compari, perché la manovalanza spesso diveniva essa stessa il gestore della paranza. E tutti quanti divenivano loro stessi dipendenti della manovalanza.

Cambiavano gli attori ma il film era sempre lo stesso. Certamente in città era successo qualcosa del genere, che poi c’era sempre stata, ma adesso sembrava più razionalizzate e meglio organizzata.

C’era da capire però a questo punto chi erano al momento i manovali e chi i paranzari. Chi era al momento il regista di quel film. Stava ancora riflettendo quando Angela chiamò che stava arrivando e che portava qualcosa per fare colazione insieme.

Fece velocemente una doccia ed accese la Tv con la speranza di qualche notizia, nulla. Aprì ad Angela poco dopo che teneva in mano quello che lei chiamava qualcosa, una tonnellata di pacchi e pacchettini di pasticceria. Sistemò velocemente la tavola depose tutto geometricamente e ripeté ironica con un buffetto sui capelli ti ho portato qualcosa per la colazione.

Ruggero la guardò con un sorriso malizioso e poi le disse. <Alzati un poco> e quando lei fu in piedi con i pantaloni jeans attillati, <adesso girati, girati di nuovo davanti fai vedere il dietro> ed infine quasi sbuffando.  <Ma io vorrei sapere dove la metti tutta questa roba che mangi, ma come sei senza fondo>, lei sorrise senza arrabbiarsi che già stava addentando voracemente un cornetto con ricotta e cioccolata.

E poi insolente disse <se vuoi posso alzarmi anche la gonna.> giocavano sempre così senza mai offendersi o irritarsi perché infine sapevano di essere uniti da un affetto ed una stima che travalicava qualsiasi allusione.

<Bene adesso lavoriamo> esordì Ruggero, quando fini di mangiare la seconda brioche con una granita di gelsi celestiale. <in primis, oggi trasferiamo tutto il tuo materiale qua da me, ti prendi la scrivania la nell’angolo che io non uso e fino a quando non troviamo un’altra sistemazione ci metti tutto le tue cose che avevi in redazione> puoi collegare anche la stampante se la sai fare funzionare. Non ho bisogno di dirti che puoi stare qua notte e giorno.

Angela Trasferimeno a casa

<A proposito volevo dirti una cosa che ce la siamo detti mille volte con gli occhi. Tu mi piaci tanto, anzi tantissimo ed anche io ti piaccio >, lei divenne quasi rossa non l’aveva vista mai con un viso cosi disarmante, <però noi abbiamo già deciso da tempo che è molto meglio rimanere amici come siamo, più che fratelli e sorella, che sviluppare altri temi> continuò, <quindi puoi stare qua quando vuoi notte e giorno, non girare troppo nuda, non usare le mie asciugamani i miei pullover, il mio spazzolino, né le mie mutande, non infilarti nel mio letto perché amo dormire da solo. E puoi fare dunque tutto quello che vuoi.>

Fu peggio di una scarica di adrenalina, la vedeva diventare di mille colori; mentre lui parlava, tentava di interromperlo, forse voleva anche morderlo ma alla fine si calmò.

Riprese fiato e contegno <Ruggero tu mi stai chiedendo di vivere qui a casa tua fino a quando non trovo un nuovo lavoro; ma lo sai che possono passare mesi? ti rendi conto che > non la fece finire di piroettare, le prese le mani stringendole forte con affetto la guardò negli occhi e le disse in maniera definitiva <si ti sto chiedendo questo, adesso lavoriamo. Punto>

Dopo avere sistemato i resti della colazione nel piccolo frigo, raggiunse Angela nel salottino le sedette di fronte e riprese aggiornandola di quanto avevano discusso con Gianni, ed aggiungendo altre sue considerazioni.

Entrambi convennero che non solo il suicidio era inverosimile, ma che la Paranza era molto più ampia di quanto loro stessi potessero sospettare.

Angela gli trasferì infine le informazioni che aveva raccolto in quelle ultime settimane e che riguardavano l’inchiesta, che poi non era stata più pubblicata. In particolare si era concentrata proprio sui due magistrati che riteneva avere un gioco determinante in quel film.

 <Il primo, proviene da una famiglia benestante romana, è separato dalla moglie e non intrattiene apparentemente nessun rapporto con nessuna donna da 2 anni, al punto che qualche malalingua chiacchierava potesse essere gay>. Ma anche su questo non era riuscita a raccogliere alcuna informazione oggettiva.

<Il secondo invece è un fimminaro come chiacchera la gente; anche lui separato gli si attribuiscono moltissime relazioni forse troppe; alcune in conseguenza del suo ruolo soprattutto con colleghe, avvocatesse, studentesse in formazione, ed anche clienti. Fa una vita molto, molto agiata al disopra dei compensi stessi elevati che riceve dalla sua carica.>

<Auto sportive che cambia ogni anno, viaggi costosi e poi si sussurra che ama anche giocare a carte in luoghi fuori città in maniera pesante; ed infine che ha anche una predilezione per le ragazzine.> Chiuse il taccuino da cui aveva tratto i dettagli e rimasero entrambi in silenzio. Era come se insieme con logiche diverse stessero riscostruendo la rete sottilissima che legava alcuni personaggi della cittadina, mettendo insieme le informazioni che avevano condiviso, e che poi fossero arrivati allo stesso risultato.

Da quanto emergeva dalle cose dette, La paranza esisteva eccome, ed ancora una volta si chiedevano quanto fosse ampia per non essere esplosa nella sua evidenza.

E di nuovo si dissero. Ma quanti ne sono coinvolti, chi era coinvolto al punto da consentire che sotto i loro occhi si girassero le scene di un film in esterno di cui nessuno sembrava comprenderne la trama.

Poi Angela riprese, <ed il Notaro, che ruolo ha in tutto questo?> si atteggia in pubblico ed in privato come un vero capo paranza, e certamente ha un ruolo chiave in molte cose, ma lo è realmente o anche lui è una comparsa?> Se lo era chiesto anche lui molte volte.

 Un politico dalle nostre parti, pensava, necessariamente deve intrattenere rapporti cordiali con tutti, deve essere come si dice Vasa Vasa, non se ne può esimere diversamente decadrebbe subito. Ma lui il Notaro, fino a che punto lo faceva per mestiere e fino a che punto invece per altre ragioni più subdole? Ed infine quale era il suo ruolo nella Bancafin. Ruggero qualche volta riflettendo pensava, ma perché c’è bisogno ancora di una banca dalle nostre parti? Il territorio è stato sempre molto ricco di Banche, alcune a dimensione regionale, altre locali  cooperative di diverso tipo.

In un territorio non certamente ricco di strutture produttive, a prima vista, sembravano un po’ troppe, Anzi eccessive. Tuttavia al di là dei possibili sospetti, nel passato, anche se non davano un ritorno immediato al territorio, svolgevano un ruolo utile, alla massa di risparmiatori locali, che in mancanza di investimenti, appunto, in assenza di attività industriali, risparmiavano

Si deve aggiungere però, pensava Ruggero, “che fine facevano questi soldi” Nel passato? Sicuramente erano una bella torta, per alimentare le Banche del Nord, che così ancora usavano il territorio povero meridionale per avere risorse a basso costo. Più avanti negli ultimi 50 anni, però le cose cambiano,

Le banche aumentano sproporzionatamente il numero degli sportelli in misura, più che proporzionale, allo sviluppo industriale anche degli anni Sessanta. Ruggero spesso chiedeva agli amici accolturati, <ma perché da noi non c’è sviluppo industriale come al nord?> posava la palla e dava il tempo alla risposta.

Gli amici dopo avere sistemato la cravatta a righe di popeline più volte. Rispondevano con accento misto austro ungarico. <Vedi Ruggero per fare le industrie ci vogliono gli industriali. E noi non ne abbiamo> Ruggero si appiattiva al suolo e diceva fingendo di aver capito, ma con un sorrisetto ironico, <si hai ragione non abbiamo industriali>.  Ma per Ruggero non era esauriente e incontrando altri amici coltivati provava a richiedere sempre con lo stesso esita che non lo convinceva.

Alla fine convennero che dovevano condividersi costantemente tutte le informazioni che sarebbero riusciti a raccogliere, definirono infine un piano di lavoro dividendosi i compiti; Ruggero avrebbe lavorato sulla piazza e sui curtigghi, mentre lei avrebbe lavorato sui documenti. poi Angela uscì portandosi dietro le doppie chiavi datele da Ruggero.

Andressa

Si era trovano così altre volte in altre parti del mondo, con altri personaggi uomini e donne che avevano contornato la sua vita artatamente movimentata.

Andressa certamente ne includeva parecchi così lontana dal mondo e dalle cose normali, racchiusa nei suoi neuroni come in una preghiera intima e graduale non sorrideva mai, sempre assorta in un pensiero fisso, tuttavia riusciva a trasmetterti lampi interminabili di vita rappresentati come in un film d’altri tempi.

Percorrevi in tale modo con lei sentieri sconosciuti dove si muoveva con scioltezza in mezzo alle figure storiche che apparivano dall’ombra al suo passaggio, si scambiavano un muto dialogo per poi dissolversi nell’ombra da dove erano arrivati.

Darrigo fu uno fra quelli che gli rimase maggiormente impresso. Piccolo e tremolante appariva come dal basso, piegato come a sorreggere con il dorso il peso della vita. Dopo qualche tempo indefinito volgeva lo sguardo verso di noi e silente intonava come una canzone, una nenia antica che riconoscevamo entrambi, che parlava di eroi e di santi. Il corpo gli vibrava come se volesse levarsi dallo scheletro e gli occhi cancellati dalle ombre mandavano una luce infinita.

Si rannicchiava di nuovo come nel bozzolo di una farfalla e così d’un tratto scompariva lasciando una atmosfera incantata. Andressa, che era sempre presente nella vita di Ruggero, lo chiamava regolarmente per ricordargli un impegno improvviso o che era il suo compleanno “” Buongiorno Ruggero, lo so che non te lo ricordi ma oggi è il tuo anniversario buona vita per sempre”. D’un tratto svanì nessuno dei pochi amici comuni ne ebbe più notizia.

Si immaginava si fosse fatta missionaria, o che fosse andata ad abitare in un luogo di lande glaciali in solitudine.  Nessuno ne aveva certezza. Ma Ruggero pensava invece che fosse ritornata nella sua famiglia a Berlino a dipingere alla maniera Bahuaus. E che un giorno sarebbe apparsa allo stesso modo come era svanita. <Buongiorno oggi è il tuo compleanno Ruggero>. Buona vita

Ma forse Roberto, la mente pazza, era quello che ricordava con maggiore empatia in momenti come questo. Finiva di lavorare come Barman e DJ in un locale alla moda al porticciolo e a notte inoltrata veniva a trovarlo con 2 pizze caldissime fantasia e due amiche quasi sempre straniere.

Non lo avvisava mai, un battere insistente alla porta fino a farla vibrare con la pretesa che gli aprisse subito, qualsiasi cosa stesse facendo. Imbastiva la tavola velocemente, bicchieri di carta posate d’argento mentre rovistando nel frigo trovava sempre qualcosa da bere, e quindi ci invitava tutti a mangiare e libare come se fosse una liberazione.

Scombinava tutti gli LP preziosi di Ruggero per sceglierne infine uno a caso, riscaldava i motori del giradischi vintage, controllava il Pick Up  e poi si sdraiava sul divano con le sue amiche, una per lato, con un sottofondo musicale lieve e appassionato. Dopo un poco cominciava a raccontare la sua giornata con gli aneddoti paradossali e divertenti che gli succedevano, fino a quando non cominciava a parlare del Marchese la Tinna. Doveva esserselo inventato il nome ma ormai era diventato di casa.

<Miiiiiiiiiiiiiiii oggi alle undici come sempre è arrivato il Marchese. Tutto profumato di limone inacidito, petto in fuori testa in alto e con un tono quasi borbonico lisciandosi la cravatta di raso mi chiese, <potresti farmi un Daiquiri originale senza Martini> poi come per scusarsi <stamattina la cameriera non è venuta> -come ogni mattina pensava Roberto- <per favore non allungarlo con soda lo sai che solo bevo nature>.

Disponeva sul bancone i denari contati al centesimo, tutti spiccioli, e si sedeva in un angolino protetto con la vista sulla piazza. Ogni nuovo astante che arrivava se lo squadrava tutto a raggi x Immersivi e poi con una smorfia lo cancellava dalla sua vista; un plebeo come tanti pensava che vengono qui ad inquinare l’aria del mattino.

 Roberto continuava a dipingere ogni movimento ed ogni occhiata benevola e maldestra che faceva il Marchese mentre sorseggiava il Daiquiri con parsimonia che lo faceva durare per una intera mattinata. <Miii Ruggero beveva goccia a goccia, leggendosi a gratis tutte le riviste, locali nazionali e straniere.

Non gli importava della data gli interessava solo che i presenti ammirassero il colto Marchese immerso totalmente nella cultura di livello>. Finalmente trovava dietro il TV una bottiglia si SAMPERI ed aprendola diceva “questo me lo bevo solo io sono lagrime di bontà>

Aggiungeva altre battute caserecce per fare sorridere le compagne e poi lo invitava ad uscire, <stasera ti voglio portare in un posto speciale, un club per soli intimi, musica sublime Jazz, rock soul autentico, da sballo >

Alle solite scuse manifestate da Ruggero, <aspetto una telefonata internazionale, aspetto un’amica, si arrampicava sule scuse sempre le stesse. Però sotto lo sguardo attento di Roberto smetteva presto. Entrambi sapevano che era la sua testa occupata.

 <Ruggero tu potresti avere tutto, ma ti accontenti di avere niente> per stasera ti saluto, concludeva Roberto e se ne andava canticchiando quasi sbattendo la porta, lasciandolo a riflettere se caso mai forse avesse ragione o meno.

16 Trastuliando

C’era un momento che tutta la luce che faceva brillare quella cittadina, d’un tratto si trasformasse in bruma umida e appiccicosa dove non si riusciva più a distinguere i contorni delle cose; dove i ragionamenti stessi sembravano confondersi nella nebbia grigia ed impenetrabile. E lui stesso che era abituato a navigare nella foschia a volte per ore, ci si perdeva anche lui. Il significato era preciso Angela stava lavorando su qualcosa di proibito.

Non ci voleva molto a capire che l’unica cosa su cui era concentrata negli ultimi mesi era il Circolo, il Notaro con tutti i suoi iscritti.  <Sei riuscita a pubblicare l’articolo> le chiese, anche se la risposta era scontata. <no, quando ho lasciato il lavoro in redazione per la revisione non si è saputo più nulla; nemmeno il redattore mi ha risposto più al telefono e la convocazione per il licenziamento l’ho ricevuta due giorni dopo> La connessione era evidente.

Ordinarono una pizza nella rosticceria sotto casa, mentre Ruggero approfittò per fare una doccia, quindi tentò di accendere il televisore che finalmente fece trasparire dal video delle immagini confuse e lamentose che finalmente si normalizzarono. Cercò in tutti I telegiornali notizie su Burkina e continuò il giro di telefonate a Francesco ed altri amici senza successo.

Marcello ancora non rispondeva. Angela aveva finito di sistemare una tovaglia di carta e gli porse una bottiglia di grillo d’annata locale perché l’aprisse. Diede anche una occhiata alla sua mail, sperando di ricevere notizie da Dillon, come avevano concordato prima di salutarsi, ma niente. Burkina era fuori dal mondo.

Il ragazzo della pizzeria bussò quasi subito, la pizza doppia era già tagliata e l’addentarono senza forchetta. Non era male, ma anche dopo averla mangiata tutta con appetito, Ruggero avvertiva un vuoto nello stomaco che non era fame. Rimasero d’accordo di vedersi più tardi a qualsiasi ora, Angela doveva andare a casa a badare alla madre. Ruggero invece aveva altre idee.

Quando la sentì scendere le scale, chiuse le persiane e si sdraiò sul divano era la maniera più confortevole che conosceva per pensare. La vita gli aveva insegnato che non c’è nulla di strano nel mondo, è strano tutto quello che non puoi capire.

Quindi tentò freddamente di ricostruire tutte le cose riferitegli da Angela insieme alle cose che lui stesso conosceva o che sospettava. Infine si soffermò sull’altra stranezza che aveva bisogno di una logica collocazione: la dimissione dei due soci dal circolo così improvvisa ed inaspettata.

Ma che relazione potevano avere con tutto quanto successo? Si sciacquò velocemente e chiamo Gianni informandolo che lo stava raggiungendo al bar. <se vuoi vengo io quando chiudo, stasera chiudo presto e sono anche solo> Ruggero insistette che lo stava già sulla strada. Indossò una camicia estiva rapidamente che calzava bene con i jeans e si avviò rapidamente verso il bar.

Non si era accorto che era quasi buio, c’era pochissima gente per strada sicuramente tutti a cena o a vedere l’ultima fiction del venerdì sera. Salutava velocemente i conoscenti che incontrava e si diresse direttamente dentro il locale.

Non c’era più nessuno a parte una coppia di turisti che brindavano con birra scura.

Si sedette nel suo tavolo abituale e quando Gianni lo raggiunse subito cominciò. <Ed allora come stai, dove sei stato ti vedo molto abbronzato, racconta> lo approcciò Gianni. Ruggero non lo ascoltava lo bloccò con gli occhi e poi gli prese entrambi le mani e le accucciò sul tavolo con forza. Fino a quando l’amico capì che dovevano parlare di cose serie.

 Gianni non aspettò nemmeno le domande Ruggiero, per la empatia che avevano da sempre, con voce molto pacata cominciò. < Immagino che hai saputo degli ultimi avvenimenti in città> e proseguì <tu sembra che hai le antenne lunghe> e fece il segno delle corna <e se non è prima è dopo succede quello che pensi> <Quello che sta succedendo in questi giorni dalle nostre parti è molto di più di quello che appare> fece una pausa per lasciargli spazio che Ruggero occupò subito.

 < Tu non devi pensare Gianni, devi solamente informarmi di tutte le cose strane che stanno succedendo, quello che vedi, quello che senti, quello che percepisci, anche le cose più insignificanti.

 Le conclusioni lasciale a me> e gli sorrise sciogliendo la tensione <ancora non mi hai offerto un bel bicchiere di marsala, quello della nonna>

Quando Gianni tornò con due tulipani bassi colmi di un nettare ambrato quasi dorato, scorse la sua soddisfazione <adesso vedi che bontà ti faccio bere pensava quasi sogghignando> lo avvicinò alle narici per inebriarsi del profumo e poi agli occhi per il colore.

Poi lo degustò lentamente facendolo passeggiare lentamente per tutte le pupille. < però non è male disse infine> è ancora meglio dell’ultimo che mi hai fatto assaggiare. <chissu ni lu vivemu sulu tu e iò, brindiamo alla faccia di chi ci invidia> avvicino il suo bicchiere con lentezza guardandosi negli occhi con affetto e brindarono.

Dopo altre considerazioni sulla bontà di quel nettare Ruggero riprese molto serio<cosa sai esattamente dell’avvocato Perulli?>

La domanda era diretta e Gianni sapeva che non poteva sfuggire rispondendo con delle battute. <bene Ruggero io ne so quanto ne sai tu, però qui al bar sento di tutto. Con certezza Perulli è il factotum del Notaro, non solo il portaborse, ma molto di più, fa tutte le cose più losche e forse anche più perverse del suo dante causa. Usandone a volte l’autorità delegata spesso abusandone>

Dopo una breve pausa continuò con lo stesso tono pacato da cancelliere anziano <Professionalmente, lo sai, è un civilista specializzato nelle cause amministrative. In particolare cura i fallimenti e tutto quanto attorno a questo ambito.

Si dice intrattenere relazioni molto amicali con qualche magistrato, guarda caso socio del circolo> altra pausa <E qua sta un primo inghippo Ruggero, ne ho sentite tantissime a volte inverosimili.

<Perché quasi tutte le pratiche di vendite giudiziarie alla fine venivano delegate a lui come procuratore, e guarda caso sempre di cespiti immobiliari importanti, quasi solo ed esclusivamente quelli>

Aprì le braccia a mo’ di contenitore della carta straccia e soggiunse <esclusivamente quelli> <gli immobili vanno all’asta velocemente e dopo la terza chiamata, come sai vengono assegnati definitivamente> <Ora ti pare normale che quasi tutti questi immobili vengono assegnati per pochi soldi a gente forestiera> e quindi alzando la voce <che non ci sia nessuno da noi affarista mafioso o altro che partecipi alle aste> .

<Ti pare normale che succede tutto velocemente mentre la giustizia da noi non funziona e parliamo di milioni e milioni di euro> ti pare normale che i giudici addetti siano sempre gli stessi>? <E che Minkia> concluse all’inglese. <Ma chissemu tutti cretini ccà>

Ruggero ascoltava con attenzione, i turisti ospiti erano andati via da tempo ed erano rimasti soli e le parole di Gianni facevano quasi eco nel locale per la veemenza ed il furore con cui le sottolineava.

Era tutto vero, sapeva per larghe spire quelle cose, di molta gente che era stata rovinata per procedure troppo veloci, di ricorsi legittimi che non erano stati accettati, si certamente ne era a conoscenza, tutto era successo negli ultimissimi anni con l’insediamento di quei magistrati del circolo.

Adesso con le riflessioni di Gianni il disegno era più chiaro, c’era una evidente connessione di cose losche attorno a quei personaggi, ma l’altra domanda che si faceva era, possibile che tutto questo potesse succedere davanti gli occhi di tutti, specialmente degli altri magistrati, che nessuno dei potenti della città se ne fosse reso conto? Ed allora poi si chiedeva se ci fossero altri complici; quanti erano e chi?

Lasciò Gianni senza risposte, lo aiutò a chiudere il locale e si fece accompagnare a casa con la sua auto, non fece alcun commento, né dall’altra parte nessuna domanda sull’argomento aveva senso dopo quella sfuriata: parlarono del tempo del turismo lo lasciò sotto casa con un abbraccio come sempre ed andò via. Ruggero quando fu a casa chiamò subito Angela. Fissando un appuntamento per la mattina dopo. Ripeté di nuovo il giro di telefonate parlò ancora con Francesco che lo aggiornò <sembra che truppe mercenarie siano entrate in Burkina oggi dal Mali>

Notizie di corridoio aggiunse. > <dimenticavo sono riuscito a parlare con i colleghi di Marcello dovrebbe rientrare in sede di posdomani ti tengo aggiornato, riposa> colse il suggerimento si stravaccò sul letto disfatto vestito e si addormentò subito.

Potere

Il potere in quella parte d’Italia si muoveva come dappertutto, lui lo chiamava Comparaggio. “Cumpà senti amu a fari sta cosa t’aiutu iò un ti preoccupari pi picciuli”, I soldi sembrava non essere mai un problema. Il problema era mettere insieme i compari. In altre parti del mondo si chiamava, Lobby, Massoneria, Camorra, Mafia. Ma era sempre lo stesso film. Visto, rivisto, stravisto da sempre.

Un gruppo di persone di cultura omogenea e non, si metteva insieme per padroneggiare qualcosa; altre persone, un territorio, l’impresa, gli affari. E poi dà la in maniera lieve o cruenta si costruiva la rete che gestiva gli interessi. Nel sistema, qualunque esso fosse, erano presenti, manager, politici, la finanza e la manovalanza che serviva per sistemare qualche cosa; gli aggiustatori. Il film però non aveva sempre un lieto fine per i compari, perché la manovalanza spesso diveniva essa stessa il gestore della paranza. E tutti quanti divenivano loro stessi dipendenti della manovalanza.

Cambiavano gli attori ma il film era sempre lo stesso. Certamente in città era successo qualcosa del genere, che poi c’era sempre stata, ma adesso sembrava più razionalizzate e meglio organizzata.

C’era da capire però, a questo punto, chi erano al momento i manovali e chi i paranzari. Chi era al momento il regista di quel film. Stava ancora riflettendo quando Angela chiamò che stava arrivando e che portava qualcosa per fare colazione insieme.

Fece velocemente una doccia ed accese la Tv con la speranza di qualche notizia, nulla. Aprì ad Angela poco dopo che teneva in mano quello che lei chiamava qualcosa, una tonnellata di pacchi e pacchettini di pasticceria. Sistemò velocemente la tavola depose tutto geometricamente e ripeté ironica con un buffetto sui capelli ti ho portato qualcosa per la colazione.

Ruggero la guardò con un sorriso malizioso e poi le disse. <Alzati un poco> e quando lei fu in piedi con i pantaloni jeans attillati, <adesso girati, girati di nuovo davanti fai vedere il dietro> ed infine quasi sbuffando.  <Ma io vorrei sapere dove la metti tutta questa roba che mangi, ma come sei senza fondo?>, lei sorrise senza arrabbiarsi, che già stava addentando voracemente un cornetto con ricotta e cioccolata.

E poi insolente disse <se vuoi posso alzarmi anche la gonna.> giocavano sempre così senza mai offendersi o irritarsi perché infine sapevano di essere uniti da un affetto ed una stima che travalicava qualsiasi allusione.

<Bene adesso lavoriamo> esordì Ruggero, quando fini di mangiare la seconda brioche con una granita di gelsi celestiale. <in primis, oggi trasferiamo tutto il tuo materiale qua da me, ti prendi la scrivania la nell’angolo, che io non uso e fino a quando non troviamo un’altra sistemazione ci metti tutto le tue cose che avevi in redazione> <puoi collegare anche la stampante se la sai fare funzionare. Non ho bisogno di dirti che puoi stare qua notte e giorno.>

<A proposito volevo dirti una cosa che ce la siamo detti mille volte con gli occhi. Tu mi piaci tanto, anzi tantissimo ed anche io ti piaccio >, lei divenne quasi rossa non l’aveva vista mai con un viso cosi disarmante, <però noi abbiamo già deciso da tempo che è molto meglio rimanere amici come siamo, più che fratelli e sorella, che sviluppare altri temi> continuò, <quindi puoi stare qua quando vuoi notte e giorno, non girare troppo nuda, non usare le mie asciugamani i miei pullover, il mio spazzolino, né le mie mutande, non infilarti nel mio letto perché amo dormire da solo. E puoi fare dunque tutto quello che vuoi.>

Fu peggio di una scarica di adrenalina, la vedeva diventare di mille colori; mentre lui parlava, tentava di interromperlo, forse voleva anche morderlo ma alla fine si calmò.

Riprese fiato e contegno <Ruggero tu mi stai chiedendo di vivere qui a casa tua fino a quando non trovo un nuovo lavoro; ma lo sai che possono passare mesi? ti rendi conto che > non la fece finire di piroettare, le prese le mani stringendole forte con affetto la guardò negli occhi e le disse in maniera definitiva <si ti sto chiedendo questo, adesso lavoriamo. Punto>

Dopo avere sistemato i resti della colazione nel piccolo frigo, raggiunse Angela nel salottino le sedette di fronte e riprese aggiornandola di quanto avevano discusso con Gianni, ed aggiungendo altre sue considerazioni.

Entrambi convennero che non solo il suicidio era inverosimile, ma che la Paranza era molto più ampia di quanto loro stessi potessero sospettare.

Angela gli trasferì infine le informazioni che aveva raccolto in quelle ultime settimane e che riguardavano l’inchiesta, che poi non era stata più pubblicata. In particolare si era concentrata proprio sui due magistrati che riteneva avere un gioco determinante in quel film.

 Il primo, proviene da una famiglia benestante romana è separato dalla moglie e non intrattiene apparentemente nessun rapporto con nessuna donna da 2 anni, al punto che qualche malalingua chiacchierava potesse essere gay. Ma anche su questo non era riuscita a raccogliere alcuna informazione oggettiva.

Il secondo invece è un fimminaro come chiacchera la gente; anche lui separato gli si attribuiscono moltissime relazioni forse troppe; alcune in conseguenza del suo ruolo soprattutto con colleghe, avvocatesse, studentesse in formazione, ed anche clienti. Fa una vita molto, molto agiata al disopra dei compensi stessi elevati che riceve dalla sua carica.

Auto sportive che cambia ogni anno, viaggi costosi e poi si sussurra che ama anche giocare a carte in luoghi fuori città in maniera pesante; ed infine che ha anche una predilezione per le ragazzine. Chiuse il taccuino da cui aveva tratto i dettagli e rimasero entrambi in silenzio. Era come se insieme con logiche diverse stessero riscostruendo la rete sottilissima che legava alcuni personaggi della cittadina, mettendo insieme le informazioni che avevano condiviso, e che poi fossero arrivati allo stesso risultato.

Da quanto emergeva dalle cose dette, La paranza esisteva eccome, ed ancora una volta si chiedevano quanto fosse ampia per non essere esplosa nella sua evidenza.

E di nuovo si dissero. <ma quanti ne sono coinvolti, chi era coinvolto al punto da consentire che sotto i loro occhi si girassero le scene di un film in esterno, di cui nessuno sembrava comprenderne la trama.?>

Poi Angela riprese, <ed il Notaro, che ruolo ha in tutto questo?> <si atteggia in pubblico ed in privato come un vero capo paranza, e certamente ha un ruolo chiave in molte cose, ma lo è realmente o anche lui è una comparsa?> Se lo era chiesto anche lui molte volte.

 Un politico dalle nostre parti, pensava, necessariamente deve intrattenere rapporti cordiali con tutti, deve essere come si dice Vasa Vasa, non se ne può esimere diversamente decadrebbe subito. Ma lui il Notaro, fino a che punto lo faceva per mestiere e fino a che punto invece per altre ragioni più subdole? Ed infine quale era il suo ruolo nella BANCAFIN?.

Alla fine convennero che dovevano condividersi costantemente tutte le informazioni che sarebbero riusciti a raccogliere, definirono infine un piano di lavoro dividendosi i compiti; Ruggero avrebbe lavorato sulla piazza e sui curtigghi, mentre lei avrebbe lavorato sui documenti. Poi Angela uscì portandosi dietro le doppie chiavi datele da Ruggero.

Titolo18 angela   argomenta

Gli piaceva il modo di ragionare di Angela quasi sempre abbarbicata ai fatti con una analisi freddissima dei fatti pesandoli e soppesandoli, altre volte invece riusciva a venire fuori dalla logica stringente con voli pindarici inaspettati. Aveva una buona preparazione scolastica, e malgrado fosse rimasta senza padre giovanissima, non aveva smesso mai di specializzarsi. Testarda e tenace.

Non aveva mai voluto essere aiutata da nessuno, un amore giovanile universitario, poi il grande amore con una persona molto più adulta sposata. Durò tutto il tempo che riuscì a condividerlo, senza scambiarsi dolore e poi d’un colpo chiuse tutto con le catene- Non aveva smesso mai di cimentarsi e di lavorare anche su attività diverse, però era tagliata per il giornalismo come le dicevano gli amici che le volevano bene, Per la sua capacità di raccogliere gli elementi essenziali di una trama e di raccontarli.

La invidiava molto per questo o forse la apprezzava proprio per questo, ma soprattutto per la sua grande discrezione e per il rispetto che aveva per se stessa e per gli altri

Stava pensando se avesse fatto bene o comunque se era stato prudente a chiedere ad Angela di trasferirsi a casa sua. Però al momento era l’unica soluzione per non lasciarla totalmente sola. A lui non disturbava anzi poteva solo fargli piacere.

Anche se ormai da tempo preferiva vivere da solo, il garbo di Angela lo rassicurava; poi in quel momento in cui la sua testa era quasi totalmente presa dell’Affaire Burkina, Angela e il caso che avevano sottomano poteva essere una buona materia di distrazione.

Dopo questa considerazione si guardò allo specchio come non faceva da tempo e disse <mamma mia come sei stanco> Conduceva sempre una vita frenetica gli piaceva, ma quegli ultimi mesi erano stati stressanti.

A Burkina pensava di avere incontrato Lei e non voleva, perderla questa volta. Quante altre volte era successo? Quasi sempre per causa sua quando incontrava la Lei di turno. Fuggiva.

Era giovanissimo quando gli successe la prima volta, Era in montagna da qualche giorno, per passare il Natale insieme alla fidanzatina. Appena compiuto 18 anni, la famiglia di lei nordista lo aveva invitato a passare in montagna. Accettò volentieri anche se era la prima volta che andava in montagna. Caricò praticamente un baule di indumenti invernali e si presentò vestito da uomo delle nevi.

Passò un periodo molto dolce e spensierato, stava bene con quella piccola “noddica”, effervescente, allegra, intensa e sensuale. Era stato solo con ragazzine banaline prima, mentre lui si sentiva già adulto e ne cambiava a dozzine e non succedeva niente.

Con Daniela era diverso c’era feeling, complicità, passione, interessi comuni. Prima, durante e dopo come diceva lui, quando parlava di un rapporto importante. Progettavano già di sposarsi, ma lo dicevano seriamente ed anche i genitori erano d’accordo, malgrado li disturbasse un poco che lui fosse siculo.

Quando la notte di Capodanno fissarono di passarla con gli amici di lei in un locale alla moda era felicissimo. Era la prima volta che l’avrebbe passata fuori casa, in montagna e lontano della sua famiglia, amici nuovi, luoghi nuovi; una situazione che lo rendeva effervescente da una parte e stimolava la sua vanità, pensando quante cose avrebbe raccontato ai suoi amici, quando sarebbe ritornato, da lasciarli secchi per l’invidia.

I noddici per capodanno fanno gli stessi giochi, passatempo dei siculi, in attesa del nuovo anno babbiano. Ruggero si rese conto invece di essere molto preso per Daniela, le stava sempre vicino ed anche un poco gelosetto quando gli amici noddici la circuivano.

La gioia era nell’aria e se la stava vivendo forse per la prima volta nella sua vita in completa serenità. Ma poi c’è sempre un momento e da sempre che gli succede, un attimo quando percepisce un brivido nella schiena e comprende che sta accadendo qualcosa che lo disturba, che modifica i colori di una bella giornata di primavera; una nuvola inaspettata che arriva da oriente, mai successo, però arriva con una pioggerellina e poi con lampi e tuoni fortissimi.

Solo lui le vede e solo lui le può sentire. I canti degli amici divennero rapidamente stonati, dissonanti, lontani, e i loro volti progressivamente si rappresentavano come ombre, di Daniela non riusciva più a vedere nemmeno lo splendido scintillante colore dei suoi occhi azzurri

Si fece lentamente da parte e poi con una scusa si distaccò dal gruppo. Si allontanò totalmente con il corpo e con l’anima fino a defilarsi, fino a dileguarsi; come un ladro scoperto che fugge nella notte.

Si infilò fra le stradine del borgo calpestando la neve fino alle caviglie e si scoprì completamente solo; seguiva con timore la sua ombra che si rifletteva informe e muta sulle pareti d’attorno. Cominciava ad avvertire un senso di paura e quindi rivolgeva lo sguardo in alto verso il cielo dove sempre trovava sollievo, voleva trovare un segno una luce che lo accogliesse un conforto.   Nemmeno i canti, i botti che già giungevano dalle case vicine riuscivano a distrarlo, si facevano sentire sempre più intensi e vicini all’approssimarsi dell’ora fatale, mentre invece lui stava viaggiando molto lontano.

Daniela lo stava cercando dappertutto, ma lui rimase nascosto solo; continuava a vagare senza meta nei vicoli di quel paesino, per lui lontanissimo dal suo mondo e dalla sua vita da cui non riusciva a scorgere un faro né una stella.

Passò un tempo indefinito prima che Ruggiero venisse fuori da quel ricordo

Si collegò al portatile per controllare la mail, ma niente nessuna notizia di Dillon o di Dashane, Aveva un laptop molto potente, che utilizzava per lavoro ed anche una connessione molto veloce. Era l’unico modo per rimanere connesso col mondo.

Nulla nessuna notizia, solo mail delle banche di lavoro che nemmeno aprì o di amici che aveva sparsi per il mondo. Si collegò allora via Web anche alle Tv straniere; solo quella della Repubblica del Mali riportava con immagini confuse di un’azione militare in corso in Burkina.

La gente era per strada che manifestava, ma nient’altro. Le autorità sovranazionali lasciavano scivolare qualche comunicato “democratico” così come anche alcune nazioni africane al confine. Anche Castro venne intervistato ma le sue parole erano troppo isolate, e troppo cinematografiche, perché il suo parere potesse essere ascoltato dal pragmatismo occidentale.

Ritornò con la testa in città, era molto stuzzicato nel  trovare delle risposte alle storie cittadine, cosi come si stavano evolvendo. Voleva raggiungere la testa dell’acqua, come si diceva dalle sue parti.

La madre di tutte le paranze, ma facile non era, era una testa dai mille volti come una chimera non aveva alcun mezzo d’indagine e poi non era un investigatore, forse Angela meglio che poteva raggiungere qualche risultato concreto. Ma non era felice che Angela con la sua testa sagace continuasse e rimanesse implicata in quelle storie

Tentò allora di dare una progressione logica a quanto stava succedendo in città. E tentò di soffermarsi sui fatti: Il fantomatico suicidio Del prete, la apertura della nuova Banca, le dimissioni dei giudici dal circolo ed ancora aveva innanzi gli occhi il Gommone misterioso.

Lasciò da parte per un momento l’avvocato e tentò di concentrarsi sulla banca. Non era un evento di ordinaria amministrazione, anzi. La Sicilia godeva di una struttura bancaria solida costituita da antiche banche regionali; Il tentativo di espansione delle banche nazionali non aveva avuto un grande successo.

Esistevano poi delle banche cooperative, ma niente di eccezionale. Una nuova banca privata era davvero un evento e non poteva nascere dall’oggi al domani. Ci volevano i capitali, ma non solo le strutture fisiche, il personale, la clientela; che dalle nostre parti non era molto propensa al nuovo. Infine ci volevano le protezioni, non solo politiche.

I capitali erano sostanziali, dato per scontato che non potevano essere “forestieri”, rimase sui personaggi locali. Fece una carrellata dei soci del circolo uno ad uno guardandoli in faccia come in un film. Nessuno di loro, ne era certo, avrebbe partecipato a questa impresa. Troppo conservatori.

Nemmeno il Notaro?’ si chiese. Nemmeno lui non era il tipo che rischiava i soldi propri; il notaro raccoglieva ed accumulava era lui stesso una banca. Rimanevano allora i capitali senza volto. Non solo quelli della malavita. Tutti quei capitali accumulati per posizione di potere malavitoso o amministrativo. Quelli che non potevano essere dichiarati, non mostrati.

Di cui non te ne potevi vantare. Per certo la BancaFin stava nascendo con quelli, ma quali esattamente? Poteva essere questo legato alle transazioni inconfessabili, che negli ultimi anni si erano succedute nel mercato immobiliare, gestito anche dai magistrati o dai custodi delle vendite giudiziarie. Come si vociferava fra gli uffici legali? E se si, quale era il filo rosso che legava l’ambiente giudiziario agli speculatori? Perché se questa ipotesi fosse stata suffragata da elementi concreti, il filo rosso era un’autostrada a più corsie, gli interessi potevano rivelarsi giganteschi e chi si prestava ad un gioco così grande?

Gli sembrava inverosimile, specialmente se appartenente all’aria “Bianca” della società di quella cittadina, non era verosimile che rischiasse così tanto, solo per i soldi.

Tralasciò per un attimo questa ipotesi e si rifugiò nella doccia anche per cancellare dalla testa tutto il marciume che già aveva accumulato di prima mattina.

Un raggio di sole lo salutò dalla persiana decise di uscire di prendersi una pausa si vesti velocemente scarpe comode e macchina fotografica. Aveva intenzione di fare delle foto Street in bianco nero.

Non era difficile fare delle foto belle, con la luce trasparente che cambiava continuamente potevi fare dei capolavori stando seduto al bar. Però a Ruggero piacevano le foto emozionali, situazioni, circostanze quelle che insieme definivano una emozione.

Anche quando fotografava a colori tentava di denaturarle, di non fare apparire più di tre colori. Aveva una Nikon di medio livello, con un solo Obbiettivo Wide e Tele, per quello che doveva fare era sufficiente.

La Street per lui era cogliere un momento nella strada, situazioni quotidiani caratteristiche ma se solo ti soffermarvi ad osservarle assumevano un significato speciale. Preferiva andare nelle stradine dei pescatori, dove ancora c’era “a za pippina” che stendeva la biancheria e “u zu ciucciu” davanti a porta, chissà per quanto ancora.

Non incontrò nessuno scendendo le scale, ma dov’erano finite le comari? In vacanza o al Nord dai figli espatriati, vabbè prima o poi tornavano, a volte non le sopportava per come erano intriganti, ma quando non c’erano gli mancavano.

Fece un salto subito da Gianni super indaffarato. Lo intravide subito gli fece un segno e si presentò con un caffè bollente super profumato.

Si soffermò un poco per i convenevoli, poi gli strizzò l’occhio <un attimo e ti raggiungo. > come al solito era super affollato anche con molti turisti fuori stagione. Il caffè di Gianni era veramente speciale, lo sorseggiava quasi a rischio di scottarsi; in un angolo c’era sempre il Barone che leggeva il giornale a gratis.

Se lo leggeva fino all’ultima riga, anche i necrologi; decise però di andarsene salutò velocemente Gianni un poco sorpreso per la breve sosta ed usci a respirare quell’aria frizzantina con il salmastro del mare che adorava.

Costeggiò il molo pescherecci, per recarsi nel villaggio dei pescatori, Cominciò a fare una serie di scatti sulle finestre aperte con le persiane verdi al primo piano, la nonnina che raccoglieva la biancheria, i vecchietti che si facevano compagnia davanti alla porta seduti su sedie di paglia,

Era sempre eccitatissimo quando percorreva quelle viuzze, quello non era un borgo era la vita stessa come doveva essere, continuò così per un poco poi decise di andare nella zona di tramontana dove il vento imperava giorno e notte.

Rimaneva incantato dalle vecchie case dei pescatori, da quei colori slavati dalla salsedine ed i tufi macerati dal vento, però loro i pescatori non si muovevano non li spostavi nemmeno a pagarli. Riprese alcuni scorci sempre gli stessi; quante volte aveva fotografato le stesse cose, ma la luce cambiava sempre ed era un altro giorno. Poi decise di andare verso il centro dello struscio.

Quanto tempo che non si faceva una passiata con gli amici cuttigghiando di tutti, <mariellina sappi a fari Zita un si viri cchiu, attaccava Maurizio>, <si Zita Chissa  ave a essiri ncita> rispondeva Giancarlo il più velenoso de gruppo, e così per tutto il pomeriggio, non si salvava nessuno; continuò via mare fino a quando giunse nel molo della capitaneria. Tutte le barche spaparanzate come per una guerra. C’erano proprio tutte; quelle dei carabinieri, della finanza, della polizia e della capitaneria ma a ccu avianu a pigghari, pensava.

Poi si fermò di colpo e tornò indietro, nel molo di fronte scorse le forme del gommone che cercava, era ormeggiato vicino ad un vecchio battello disarmato, completamente coperto da un tendalino da mare, ma era certamente lui. Difficile ce ne fosse un altro di quelle dimensioni. Non riusciva a vedere la targa e decise di attraversare il molo per vederlo da vicino.

Lo fece con circospezione, non c’era alcun motivo per temere qualcosa, ma si stava facendo prudente senza capire perché. Quando si rese coto che non c’era nessuno nei dintorni a parte qualche pescatore anziano sul molo si accostò alla ringhiera del cantiere per avere una vista più diretta, annotò velocemente la targa ed andò via con calma.

ISPETTORE

Chiamò Angela che rispose subito, <quando vuoi puoi avvicina da me che dobbiamo parlare> <sono già a casa rispose lei, con un amico> Rimase basito va bene che le aveva dato le chiavi, ma ancora non aveva realizzato che le aveva concesso la totale libertà di utilizzo, e lei a quanto pare non perdeva tempo. Si affrettò verso casa dove arrivò subito.

Quando fu dentro c’era della musica nell’aria ed trovò Angela seduta sul divano con un giovane a fianco, in atteggiamento più che amichevole, molto complice. Non sapeva se arrabbiarsi o sorridere, però un moto di gelosia lo assaltò rapidamente al punto che anche Angela se ne accorse, <Hai fatto le scale di corsa disse sei affaticato>

Gli dava fastidio di scoprirsi imbarazzato, ma Angela lo salvò subito passando alle presentazioni. Peppe ti presento il grande capo, poi rivolgendosi a Ruggero, lui è il genio del computer di cui ti avevo parlato, dopo 25 smorfie con gli occhi strabuzzati per fargli capire chi era l’ospite, finalmente Ruggero intese che doveva essere il giovane poliziotto di cui aveva parlato giorni prima.

Si scambiarono altri convenevoli, quando Peppe ruppe l’atmosfera imbarazzata e con voce professionale chiese <posso dare un’occhiata al tuo lap top> E senza aspettare una risposta si sedette nella scrivania di Ruggero, accese il portatile, Password non ce n’è bisogno, disse Ruggero ripresosi. <Una bella bestiolina complimenti> commentò il poliziotto, lasciarono Peppe armeggiare ed in cucina Angela gli disse

<è lui il poliziotto di cui ti avevo parlato, ma non è dei servizi avevo capito male io, però è molto sveglio, ci può essere utile, Ruggero annuì e tornarono a sedersi.>

Osservavano con attenzione la ricognizione di Peppe sul laptop, le mani si muovevano veloci e con sicurezza, doveva avere certamente una grande dimestichezza. Poi quando sembrò finire si girò e soddisfatto disse <ho cercato se c’era qualcosa di strano, ma è tutto a posto, non si sa mai, c’era un bug che ho tolto. Ci si può lavorare tranquillamente. > Fatta la lezioncina si zittì.

Angela che aspettava e molto seria esordì <Ruggero, Peppe è un amico d’infanzia, a cui mi rivolgo quando ho bisogno di notizie o ho qualche problema.

<Anche se giovane è molto scafato, ma soprattutto è pulito come te e come me, diversamente non l’avrei portato a casa tua>z poi aggiunse. < E’ aggiornato su tutto di cui abbiamo parlato e come noi vorrebbe capirci di più, non lavora con i servizi come ti avevo detto, ma essendo nell’aria dati della questura ha accesso a molte informazioni.> <Inoltre ed avrebbe piacere te lo dicesse lui stesso, ha un progetto software moto interessante> Beppe Sembrava che non aspettasse che finisse per prendere la parola.

<Bene Ruggiero, non so quando tu capisci di informatica, però quello di cui dobbiamo parlare è molto semplice. Sto lavorando su un software che se e quando funzionerà consentirà di tracciare le telefonate. Non intercettare, che è anche illegale aggiunse, ma di tracciarle. Alla domanda inespressa di Ruggero ed Angela aggiunse <arrivo e mi spiego> poi alzandosi ed avvicinandosi ai due amici come se volesse dire qualcosa più riservata spiegò.

<Se tu adesso telefoni ad Angela e parli con lei per un minuto, con questo software dovrei essere in grado di tracciare questa telefonata, cioè di avere evidenza che alle ore 13.20 il telefono Angela ha chiamato il telefono Ruggero ed è rimasta collegata un minuto>

<E se fra 5 minuti Angela chiamerà me, ugualmente saremo in grado di tracciare e trascrivere: alle ore 13, 25 Angela chiamato Peppe ed è rimasta collegato 30 secondi e così continuando possiamo avere traccia delle connessioni quotidiane di tutte le persone che ci interessano.> sedette più comodo e continuò <Insomma quello su cui sto lavorando è di creare una mappatura a rete di numeri telefonici che ci interessano, tracciandone i dati. Semplicemente questo.>

Se quello che stava spiegando poteva funzionare davvero, non solo era una genialata, ma consentiva di risolvere un poco di lati oscuri di quanto li aveva assillati per le ultime settimane, pensò quasi ad alta voce Ruggero quindi chiese <ma come fai ad accedere ai numeri che ti interessano, rimangono tracce in rete del tuo intervento?> con pazienza Peppe spiegò che non era semplice, ma che per il suo ruolo poteva avere accesso ai server senza problemi.

Infine disse in maniera conclusiva < lo sto testando non è ancora perfetto appena lo avrò collaudato avviserò Angela. Si alzo agilmente dal divano salutò Ruggero con un sorriso e quindi Angela lo accompagnò alla porta e andò via>

Rimasero per un poco in silenzio, entrambi consapevoli di quello che implicava tutto questo. Peppe gli aveva fatto una buona impressione, forse era troppo giovane ma molto sicuro di sé. Una carta da giocare con abilità sicuramente.

angela ispettore spaghetti

Angela gli chiese se aveva voglia di mangiare spaghetti aglio e olio, facile veloce ed efficace come diceva lei. Accettò subito, la passeggiata gli aveva fatto venire un certo languorino. Non cucinava male, amava molto lo speziato e la carne grassa, notò che era molto casalinga quando voleva; In attesa che l’acqua bollisse stava già sistemando il disordine michelangiolesco di Ruggiero in cucina e poi in camera da letto. Aveva messo una musica di sottofondo romantica al punto giusto, ogni tanto lo guardava per capire le sue reazioni. Certamente Angela avrebbe fatto felice qualsiasi uomo le fosse stata al fianco, ma lei non voleva nessuno al suo fianco.

Era cresciuta così da sola, figlia unica molto indipendente e quando il padre morì molto giocane divenne lei l’uomo di casa. Accudiva alla madre, faceva mille lavori per pagare l’affitto e per mantenersi agli studi. Impossibile sottometterla non accettava alcun compromesso.

La pasta era eccellente e sposata con un grillo giovane diveniva quasi un piatto Gourmet. Parlarono ancora di Peppe, voleva sapere le sue impressioni; Ruggero rispondeva a monosillabi fingendo di essere preso con gli spaghetti, e la sua testa ricominciò a pensare a Dashane. Ancora non si aveva nessuna notizia certa da Burkina; temeva molto per lei non solo come sorella di Sankara ma anche perché era un’attivista e non si tirava indietro. Chiamò ancora Marcello e Francesco, Ma senza esito Francesco di mattina era impegnato in Ospedale e Marcello certamente doveva essere in qualche zona del Sudan, fuori dal mondo.

Come ritornando da un viaggio si diede una smossa <Bene, anche se giovane Peppe mi è sembrato in gamba, se dovesse funzionare davvero quel marchingegno. potremmo cominciare a capire di più di questa Paranza.>

Si ricordò del gommone, aggiornò Angela dei suoi sospetti e poi diede il Numero di Targa ad Angela perché la facesse verificare da Peppe.

Angela dopo avere ordinato la cucina uscì aveva certamente qualcosa che gli frullava per la testa, ma non glielo volle comunicare. Mise il cellulare nella borsa e poi con un sorriso lo salutò ed andò via.

Si distese sul letto dove riusciva sempre a trovare una posizione confortevole, per pensare chiuse completamente le persiane e tentò di dare significato alle ultime connessioni fra il circolo, la banca, il suicidio, ma era stanco e si assopì quasi subito.

Dashne stava ancora la vicino al lago, raccoglieva delicatamente dei petali di Sichuan o bacche della passione come le chiamavano in Europa, le raccoglieva per la madre come tranquillante e dissetante nei giorni più caldi.

Lo guardava sorridendo sottecchi conscia delle sensazioni che le riusciva a trasmettere. Ritornò con il paniere traboccante e gli porse una bacca per fargliela assaggiare <porta bene> diceva, Ruggero la assaporò con curiosità, aveva un profumo intenso speziato ed un sapore di agrumi e di Passion fruit. Quando fu certa che gradiva gliene porse un’altra. Noi siamo cresciuti così Ruggero in mezzo alla natura, mio padre ci portava ogni giorno nei boschi e poi a pescare al fiume; raccoglievamo la frutta quella che serviva insieme ad altri amici e poi tutti al villaggio a cantare e giocare.

MArCELO TELEFONO

Il telefono lo svegliò che erano le cinque di pomeriggio, era Marcello finalmente. Con la sua voce affettuosa si scusò di averlo chiamato con tanto ritardo <ero a Sud del Sudan in una zona di guerriglieri e senza linea di nessun tipo>.

Era sereno come sempre rassicurante e disponibile, <scusa se ti sto chiamando solo adesso, Francesco mi ha detto che mi cercavi>

<Si è una settimana che ti cerco ed immaginavo che eri in qualche luogo senza connessione,>

< Proprio, così eravamo tutti isolati, adesso però ci sono, tutto per te> <dimmi Come stai, so che sei stato in Burkina, come è andata; hai fatto bene a rientrare hai sentito cosa sta succedendo? La Francia non molla> Concluse

< No, la Francia non molla, anzi come sai bene non ha mollato mai,> e poi cambiando tono entrò subito nell’argomento che gli premeva <Marcello ho bisogno del tuo aiuto> Gli raccontò senza tralasciare alcun dettaglio del tempo trascorso in Burkina. Marcello non lo interruppe mai. Gli evidenziava anche i particolari più minuti, con una voce accorata e commossa senza nascondere niente.

Quando concluse era sfinito come avere vissuto una battaglia epica. Rimasero entrambi per qualche tempo in silenzio. Fino a quando Marcello dopo un sospiro disse: <La situazione è molto critica in Burkina, però io ho ancora dei pass di accesso ai valichi di frontiera aperti, e poi ho moltissimi amici non solo nell’area professionale.

<Non è facile ma possiamo provare insieme di entrare dal Mali, tu puoi tentare attraverso il tuo amico Diplomatico Aboubacar> Come sempre Marcello senza fronzoli analizzava i problemi e poi trovava le soluzioni. <Aboubacar può fornirti un pass diplomatico che ti autorizzi all’ingresso.> fece ancora una pausa tipica di quando aveva già un progetto nella testa e poi continuò. <Se vuoi, quando vuoi, anche questa settimana possiamo vederci a Parigi e ci organizziamo in concreto sul da farsi>. E quindi aggiunse. <Fammi sapere in modo che posso prenotare in tempo>. Nessun commento su tutto quanto gli aveva raccontato né su Sankara né tantomeno su Dashane. Marcello era così registrava e poi agiva.

Si accorse che Angela in vestaglia l’aveva raggiunto sul letto, non l’aveva vista entrare, ne sapeva da quanto tempo fosse là adagiata al suo fianco e quindi concluse velocemente con Marcello, confermandogli che l’avrebbe chiamato appena pronto.  

Nella stanza cadde un silenzio assoluto, Angela aveva certamente sentito tutto e lo guardava con grande, grande trasporto poi prese la testa fra le mani lo strinse forte e lo baciò in fronte per un tempo infinito. Infine soggiunse <bene come posso aiutarti> ritornò subito efficiente ed andò in cucina per preparare qualcosa caldo. Non fecero alcun commento sulla telefonata, l’empatia che li attraversava era sufficientemente ricco di argomentazioni complesse.

Infine raccolse la borsa dal divano e disse che aveva un appuntamento con Peppe e che sarebbe ritornata nel tardo pomeriggio.

Ne approfittò per chiamare Francesco aggiornandolo con quanto discusso con Marcello Quindi provò a chiamare l’amico Maliano Aboubacar Moussa che gli rispose subito. <ma cosa devo fare per pralare con te Ruggero> lo approcciò ironico il funzionario consolare. <eccellenza gli rispose con la stessa ironia ci vedremo presto, questa settimana sono a Parigi>.

Bouba come lo chiamava lui in amicizia, si rese disponibile per fissare un incontro per qualsiasi giorno di quella stessa settimana, poi sarebbe stato fuori; Convennero entrambi di riaggiornarsi al più presto senza formalità ed al tal fine gli diede anche il cellulare personale. Sapeva di potere contare su di lui, già nel passato vicendevolmente si erano scambiati favori e sempre erano stati puntuali agli impegni.

Era un diplomatico di carriera per tradizione familiare, era stato in missione in molti paesi europei ed era molto accreditato per la sua competenza e la capacità di parlare senza mezzi termini nei consessi internazionali. Una bella persona amica che Ruggiero aveva sempre piacere di vedere e che era certo in quella occasione non si sarebbe tirato indietro per aiutarlo.

Sul LapTop riuscì a prenotare un volo per Parigi per il giorno seguente che comunicò subito a Francesco e Marcello con un messaggio. Si sentiva stanco con la bocca secca, avrebbe volentieri preparato una tisana con i fiori della passione ed invece scelse un tè alla menta.

Si immerse in una doccia gelida come d’abitudine quando l’adrenalina lo sommergeva e fece in tempo a rivestirsi per il ritorno di Angela. Sembrava molto agitata quando lascio cadere la borsa sguaiatamente sul divano e poi lo approcciò subito < se ti sei ripreso devo aggiornarti su alcune cose importanti.

<La targa del Gommone è di proprietà Paolino Troiso, figlio di u Zu Cicciu che non ha nemmeno la patente nautica.

Domani incontrerò il nipote del commercialista, mi ha chiamato lui stesso per fissare un incontro fuori dal suo ufficio>

Entrambe le notizie gli fecero accendere mille luci nel cervello. U Zu Ciccio come lo chiamavano era il commendatore Troiso.

Indicato da sempre come il padrino locale, ma da sempre scagionato da qualsiasi inchiesta. Proprietario terriero di latifondi nell’interno, un solo figlio smodatamente arrogante di cui non andava fiero. Il fatto che il gommone gli appartenesse, anche se Paolino il figlio non fosse munito di Patente nautica, era comunque una notizia che si incastrava bene nel puzzle che vorticava nella sua testa.

La richiesta dell’incontro col nipote del commercialista un’altra incastrino che poteva spiegare presto molte cose.

In quella vicenda c’erano troppi incroci non segnalati e troppe strade senza via d’uscita e non se ne veniva mai a capo, ma poco a poco forse si sarebbe riuscito a trovare la chiave di lettura.

Stava ancora riflettendo sul porridge quando ricevette la telefonata di Francesco, <Hai saputo, Accendi la Tv>. Era molto agitato e chiuse

Quando accese il televisore era già su tg1, un inviato addobbato con tuta militare stava concludendo il servizio su Burkina <e quindi ancora non si hanno notizie certe sull’attentato a Sankara> rimase di ghiaccio, erano giorni che temeva di ascoltare quella notizia; cambio subito canale, ma non trovò altro e quindi si collego col Laptop ad un canale straniero sul web.

La notizia comparve a caratteri cubitali., praticamente tutte le News sul Web “Colpo di Stato in Burkina” si teme per la vita di Sankara si leggeva nei sottotitoli, si fermò su Al Jazira, sempre accurata sui reportage in Africa, dove un cronista in buon inglese stava spiegando <Il palazzo del governo è in preda ad assalti da parte di insorti, non si hanno notizie del presidente, si teme per la sua vita>.

Quindi fece un resoconto sul lavoro fatto da Sankara negli ultimi anni soffermandosi sul famoso discorso all’Onu, dove denunciava il Neocolonialismo che sempre di più affliggeva l’Africa. Passò anche un’intervista a Mitterand che parlava genericamente di disordini, ed ancora altre immagini sulla strada piena di tumulti.

Rimase collegato in totale paranoia, quando si accorse che Angela era seduta al suo fianco, cambiò ancora canale e su BBC la notizia divenne ferale e definitiva. <Assassinato Sankara durante il colpo di stato. Un gruppo di militari capitanati da un amico del presidente si è impossessato del palazzo presidenziale, aspettiamo il discorso del nuovo governo.>

Cambiò ancora su una emittente francese che ripetendo le stesse cose con le stesse indagini aggiunse, che forse il Presidente era stato assassinato da un suo stretto collaboratore. Non dicevano nulla della famiglia né tantomeno della sorella

parigi da fraNcesco marcello LA MERE

Atterrò a Parigi il giorno dopo, e Francesco che lo aspettava all’uscita a primo piano lo informò subito che Marcello sarebbe arrivato con un volo da Bruxelles a breve.

Suggerì quindi di spostarsi al bar prossimo all’uscita in attesa che Marcello atterrasse. Ruggero ne approfittò per informarlo in maniera completa di tutto quanto aveva vissuto a Burkina. Ritenne corretto sottolineare ogni momento ogni dettaglio, gli serviva anche per scaricarsi o per trovare conforto. L’amico non aggiungeva una sillaba ascoltava in totale silenzio e solo dagli occhi trasparivano le sue emozioni. Certamente quando l’aveva incontrato al suo rientro da Burkina, aveva percepito che doveva essere successo di più importante di quanto gli aveva velocemente raccontato ed adesso aveva davanti le ragioni che lo avevano fatto dubitare.

Quando Ruggero finì non fece alcun commento. Si percepiva proprio dal silenzio fio a che punto si sentisse coinvolto < Adesso che facciamo disse?> Come sempre trasferiva i problemi di Ruggiero dentro la sua sfera privata. Che facciamo?

Ruggero non si pronunciò voleva aspettare Marcello prima di fare qualsiasi ipotesi. Era tentato di andare a Burkina anche se comprendeva come potesse essere complicato, però era un’idea fissa che lo aveva perseguito nelle ultime settimane, ma tutto dipendeva da Marcello.

Chiamarono il console del Mali con cui fissarono un appuntamento per la sera a cena a casa sua. Si diressero quindi alle uscite lo speaker aveva annunciato l’arrivo del volo da Bruxelles.

Marcello arrivò con solo bagaglio a mano, e dopo un abbraccio si diressero subito nell’auto di Francesco che fece immediatamente rotta per casa. In auto Marcello li aggiornò delle ultime notizie su Burkina e Ruggero ripeté a Marcello in dettaglio quanto già aveva discusso con Francesco. Marcello lo ascoltava professionalmente cogliendo ogni più piccolo dettaglio dopo un lungo respiro e dopo un lungo respiro come sempre prese la palla in mano e cominciò a progettare il che fare.

<Ho parlato con i miei colleghi che operano in Burkina. Mi dispiace confermartelo con certezza; Sankara è stato assassinato. Ufficialmente è un colpo di stato organizzato dai suoi collaboratori di partito, però come tu sai le ragioni sono altre>. Fece una pausa per riordinare le idee e continuò <la versione ufficiale al momento è che sia stato a causa di uno dei suoi stretti collaboratori Compaorè per una lite banale; i miei amici sul posto invece dicono una cosa diversa. Un commando di uomini armati ha fatto irruzione nell’edificio dove Sankara stava presiedendo un consiglio dei ministri, ed ha fatto fuori Sankara insieme ai suoi collaboratori.> Non aggiunse altro anche se sapeva perfettamente che a Ruggero non bastava.

Quando giunsero a casa Renèe aveva già riempito dei calici di bollicine e sedette con agli amici senza partecipare mai alle loro discussioni. Dopo un poco Ruggero volle ritirarsi per rilassarsi un poco.

Era evidentemente una scusa per rimanere solo. Gli amici lo lasciarono andare e Francesco disse che avrebbe preso accordi con Bouba per la cena della sera.

Stramazzò sul letto fino a sentire le molle marcargli la schiena, aveva voluto credere che ci fosse ancora una speranza, che le notizie venissero smentite, che era tutto un sogno. Ma non era cosi e doveva farsene una ragione.

Aveva davanti gli occhi le ultime parole di Thomas, con le mani aperte rivolte verso il cielo; forse solo il cielo avrebbe potuto salvarlo, ma in quel caso il cielo era distratto. Il giovane Che Guevara che voleva cambiare l’Africa se n’era andato e con lui tutte le speranze dei giovani, dei padri, delle famiglie di quanti avevano visto in lui non tanto un eroe ma un difensore dei loro diritti.

Quante volte in tanti angolo del mondo poteva essere successo tutto questo e non se n’era accorto. Siamo molto distratti, siamo distratti quando forse è il momento di esserci, di partecipare, non ci siamo, non ci siamo mai. Pensava.

Non voleva fare nessuna ipotesi sulle motivazioni che stavano dietro alla morte di Sankara, anche perché le motivazioni sarebbero state quelle riportate dai media, quelle studiate a tavolino dagli autori freddi lucidi autori della sua morte.

Non giungeva alcun rumore dalle altre stanze, forse erano usciti per qualche compera o forse erano in silenzio a meditare o forse era lui che non ci stava più con la testa. Aveva vissuto troppe emozioni in quelle ultime settimane; c’era abituato, però queste erano molto più personali e lo coinvolgevano di più.

Avvertì qualcosa sfiorarle il viso, era totalmente al buio avrebbe voluto aprire gli occhi quando percepì che era una carezza e poi si rese conto in maniera evidente della sua presenza, il profumo speziato della sua pelle stava muovendosi verso di lui ad ondate lievi sommergendolo poco a poco, avrebbe voluto affogare subito, si era lei senza alcun dubbio.  Dashane era giunta fino a lui, senza averlo avvertito, <laisse-moi caresser tes yeux tu es très fatigué>,Ne vous inquiétez de rien; Je vous laisse la paix, je vous donne ma paix. Je ne vous donne pas comme le monde donne. Que votre coeur ne se trouble point, et ne s’alarme point. Nous savons, du reste, que toutes choses concourent au bien de ceux qui s’aiment  l’un l’autre> tu sais que je suis, comme la sœur,, comme la bien-aimée,, comme l’amour, mais surtout comme la mère de tous ceux qui n’ont pas de mères> aggiunse infine quasi sussurando di gioia e di melanconia, mentre le dita delicatissime percorrevano il suo viso rassicurandolo, asciugandone le lagrime di cui solo adesso si era accorto. Ruggiero non l’ascoltava più ed invece cominciò a chiederle ad implorare Dash Dash Dash dove sei Dash ti prego dimmi dove sei come faccio a trovarti adesso, e lei gli rispose con l’ultimo filo di voce tu sais que je suis, comme la sœur,, comme la bien-aimée,, comme l’amour, mais surtout comme la mère de tous ceux qui n’ont pas de mère> dovettero averlo sentito per tutto l’appartamento perché dopo poco sentì bussare e poi la voce di Francesco. Tutto a posto Ruggero, Noi siamo pronti. Aveva dimenticato l’Appuntamento da Bouba, si sistemò velocemente i capelli e guardandosi allo specchio poté commisurare le ferite della sua stanchezza. E scorgendo alle sue spalle il volto luminoso di Dash realizzò istantaneamente cosa doveva fare.

Mali PRONTI A PARTIRE

Si recarono velocemente a casa del console Bouba, che li aspettava. Senza convenevoli, Marcello espose il suo piano per definirne i dettagli Bouba che dal primo giorno aveva lavorato su DASH, aggiunse anch’egli un disegno operativo che combinava pressoché con tutto, ma soprattutto con gli occhi di Ruggero consapevole di ciò che veramente gli serviva,

Bouba stesso, prese condusse i lavori e cominciò senza più pause ad esporre il programma di viaggio, della logistica e delle cose da fare e da non fare. Fece altre domande essenziali, per evitare qualsiasi fraintendimento ed infine confermo se c’è n’era bisogno ufficialmente della morte di THOMAS. Nelle modalità che già loro tutti insieme si erano prefigurati, riteneva, verosimile dalle sue fonti in loco, che l’omicida fosse proprio il suo miglior amico.

IL piano era molto semplice. Ruggero sarebbe arrivato nella capitale di Burkina (Doudagou) dal Mali via Terra, passando da Sikasso, percorrendo una strada interregionale (circa 7 ore), in auto, assistito da un uomini di fiducia dello stesso, avrebbero viaggiato in Fuoristrada Truck Militare mimetizzato da furgone agricolo . Era la maniera più soft per destare meno sospetti. Marcello avrebbe provveduto a fornire a Ruggero un ruolo istituzionale umanitario, dentro la Ong che presiedeva, Bouba pensava ai Pass ed ai collegamenti. 

Ruggero fornì una descrizione essenziale spiegando  il ruolo che aveva avuto  Gillon; il luogotenente di Sankarà che aveva incontrato con Dash, Spiegò che era una delle opzioni da verificare, una delle poche persone che poteva portare a Dashane. Bouba non ne era molto sicuro di poterlo rintracciare; certamente tutti gli amici e sostenitori di Thomas erano tutti ricercati e fuggiaschi e quindi sarebbe stato molto difficile rintracciare Gillon e tanto più incontrarlo.

Rimasero ancor a discutere dei dettagli, mentre I telefoni sulla scrivania di Bouba erano in ebolizione, rispondeva in tutte le lingue, ma soprattutto un Fulani complicatissimo, si capiva che stava parlando con i suoi più fidati sul campo. Quando Bouba si quietò mangiarono qualcosa frugalmente.

Mentre riepilogava i dettagli di quanto avevano pianificato, Ruggero osservava le reazioni di Francesco e Marcello, erano le sue certezze e voleva percepire certezze del loro impegno e le ebbe; tutte e finalmente si rassicurò. Avevano concordato di partire col primo volo utile per il LA capitale del Mali e poi proseguire per Sikasso in auto. Avrebbero ricevuto i documenti ufficiali Sul posto; la logistica era gestita solo da uomini di fiducia di Bouba. Marcello sarebbe rimasto in Mali a fare da collegamento intermedio attraverso un canale radio riservato.

Bouba inoltre, aveva previsto un satellitare che gli sarebbe stato consegnato a Bamako in una dependance governativa non classificata. Altri dettagli gli sarebbero stati dati sul posto.  Rientrarono tutti per andare a riposare finalmente.

PArigi NOTTE PRIMA

Renèe già dormiva cosi come Therese che sicuramente era stata sveglia fino a notte avanzata per non farsi mancare il bacio della buona notte. Fece un messaggio breve ad Angela per aggiornarla sinteticamente dei progressi, poi tentò di dormire Era un poco più tranquillizzato anche se ancora non aveva alcuna certezza. I suoi amici gli avevano spiegato con molti dettagli come avrebbero supportato il suo lavoro di indagine sul campo, evidenziandogli al dettaglio tutti i rischi e non dando nulla per scontato.

Anche Ruggero era consapevole delle difficoltà, la sorella del presidente era una merce preziosa per tutti; troppo pericolosa lasciarla in giro, inoltre poteva anche essere merce di scambio e certamente veniva ricercata dalle strutture governative, angolo per angolo o albero per albero. DASH non era alle prime armi certamente, si sapeva muovere collegarsi alle persone fidate, in questo caso solo i familiari, ma il paese era piccolo, e lei molto evidente troppo;

La pensava nascosta o già fuori dai confini, ma non era il tipo che fuggiva, era molto terrana

. Unica nota positiva, la gente. il popolo era estremamente attaccato a Thomas e quindi immaginava ancora fedele a Dash. E quindi si chiedeva se non fosse già fuori dai confini o rifugiata da amici, restavano solo i parenti. Escludeva la morte o la carcerazione. si sarebbe già saputo per l’importanza del personaggio

Ma quali, dove. Come rintracciarli. Perché avrebbero dovuto dialogare con lui. Aveva bisogno di altri referenti.

Ma conosceva da troppo poco tempo Dash per conoscere tutte le sue abitudini e soprattutto non conosceva nulla del territorio sul campo. Rimaneva pressoché unica la opzione Gillon, anche lui in fuga comunque. Pensava ancora a questo quando provò ad addormentarsi era sfinito, con gli occhi maltrattati dalla stanchezza che gradatamente cercavano ristoro.

La stanza era completamente buia adesso, Francesco aveva fatto un buon lavoro. L’unico rumore che percepiva erano delle tonalità bassissime, cupe di un flauto antico, quasi soffocate, che si insinuavano attraverso le fessure delle tapparelle   e che poi si arrampicavano sul suo turbante di seta amarelle, deponendosi infine come una nuvoletta viola sul suo capo.

Già altre volte in precedenza lo avevano accompagnato nel sonno, Le aveva ascoltate per la prima volta nel deserto sudanese, quando le donne berbere dormivano distese sotto la tenda ed i loro uomini Tārgī su un tappeto Mashad, ricco di medaglioni e di motivi floreali, sempre intatto. Stavano accovacciati nel pendio delle dune a lasciarsi abbrunire dalle carezze lievi della luna o a controllare la merce preziosa che trasportavano dai mercati di ovest. 

Anche Ruggero, che si univa a loro per esplorare nuove aree da fotografare, o quando per qualche motivo era costretto a scansare le autorità di qualche luogo; amava stare fuori con i Tārgī, ammaliato dai loro modi antichi e viziandosi a sbirciare le stelle; lo incantavano, non sapeva resistere.

Come un fanciullo le contava, le metteva insieme, le paragonava, le identificava ed i suoi occhi brillavano di gioia in questo gioco meraviglioso, che poteva durare fino all’alba; e solo allora si addormentava; si commuoveva sempre.

E forse fu in questi momenti che cominciò il suo rapporto così intenso con le stelle, questa comunione, questo innamoramento che si prolungava senza fine in una atmosfera amica inebriante ed a volte sensuale.

La musica adesso lo depose su un carro albino, che senza scosse lo condusse velocemente nelle anse umide della notte, dove ancora si potevano scorgere i profili dei grattacieli ed il percorso silenzioso della Senna, più in là gli ultimi arei in attesa nel cielo di Orly.

Realizzò che erano giunti già nella parte nascosta della luna. Il luogo gli era già familiare, era una sosta obbligata quando navigava fra le stelle, lo poggiavano delicatamente in un piccolo promontorino e scomparivano. Lo chiamava “ottalino”, perché da sdraiato poteva osservare bene un ottavo del cielo

Si adagiò come sempre su un piccolo incavo, residuo di una stella cadente, per stare comodo, mentre la scena davanti a lui travalicava la portata stessa dei suoi occhi. Tutto ben definito e proporzionato. Non erano tutte le stelle del cielo, ma le rappresentavano bene, Come delle famigliole raccolte in convivio danzavano tutte accompagnate dal flauto di sottofondo; qualche puntino luminoso era più irregolare ed un poco discosto, ma tutte le altre stavano prossime ed in armonia. Rimase per qualche tempo in contemplazione, mentre i battiti del cuore divenivano sempre più regolari e silenti quasi non li sentiva più.

Avvertiva una presenza silente vicina, come di un’ombra in trasparenza con la luce delle stelle; ma non lo turbava, preso com’era da quella visione intangibile che lo sovrastava.

Cominciò a concentrarsi in quella parte del cielo a occidente, che riconosceva subito per causa di una luce più grande dai riflessi irregolari disgiunti, come delle cosce aperte di una prospera donna, forse di una madre, che ti richiamavano.

La prima volta rimase frastornato, poi realizzò che erano semplicemente delle sorelle gemelle molto vicine, che quasi si abbracciavano; ma subito dopo però scopriva che ve ne era un’altra ancora in mezzo più luminosa e imponente che poi era quella che cercava.

Non sapeva come chiamarla ed infine una notte la chiamò Darlene; non aveva nessun nesso logico, nessuna attinenza con nessun’altra immagine ma gli venne naturale chiamarla Darlene e così rimase per sempre la sua amica, il suo riferimento, il suo conforto e la sua meta.

La musica riprese più intensa, più profonda, i dromedari iniziarono a scalciare, mentre da una delle tende più lontane comparve l’ombra di una tarjj, con la sua voce rivolta al cielo che sovrastava tutto.

Lei cantava disperata la morte del giovane coniuge, la sua solitudine, le sue speranze frustrate, la sua sessualità monca, il suo dio che l’aveva abbandonata, con un pianto profondo, afflitto ed angosciato infinito, disperato. La guardava ripiegata fra le dune della notte, il suo sguardo rivolto dove c’erano solo la luna e le stelle;

Quando avvertì la sua presenza il suo canto si fece ancora più angosciato, un appello sventurato che gli travolgeva l’anima; non più rivolto alle stelle. Insieme puntarono lo sguardo dietro la luna e poi più sopra, là dove lui era stato qualche attimo prima, e gli fece compagnia per qualche tempo, guidandola fra le luci fino a quando le mostrò Darlene.

Lei si placò immediatamente ed il suo canto divenne subito più armonioso e gentile: Ruggero sperò che là anche lei potesse trovare la sua dimora. Forse.

Erano percorsi che conosceva bene, i suoi vicoli di paese che percorreva da solo quando si voleva estraniare da tutto. Si muoveva in un ambiente amico là incontrava sempre le sue radici, davanti a quella stella infinita così luminosa rispetto alle altre, che quasi lasciava tutto il resto in ombra. Lei lo ascoltava e poi con amore gli spiegava tutto prendendolo per mano mostrandole il bello ed il brutto delle cose. Ruggero, si rattristiva per un attimo e poi si rigenerava.

Renèe Lo svegliò tardissimo, con un sorriso raggiante e con una colazione regale. Francesco era al telefono con Marcello; erano riusciti a definire la partenza per la sera alle 19.00 con Air France. Il volo durava solo 2 ore. Il resto era stato tutto pianificato da BOUBA e Marcello. Discusse ancora con Francesco sui dettagli e come usare le medicine di soccorso che gli aveva preparato. Francesco, si intuiva, era carico di adrenalina, mentre come sempre Ruggero nei momenti topici trovava una calma assoluta.

Faceva i complimenti a Renèe e quando giunse Denise, appollaiata sulle sue gambe impiegò un tempo infinito per raccontargli delle storie intriganti, sempre le stesse, che lei ascoltava, con gli occhi luminosi, come fosse la prima volta e lo pregava sempre di continuare, quando proprio non sapeva più che inventarsi anche a Denise gli parlava delle stelle e lei diventava serissima.

Più tardi giunse l’autista dell’ambasciata di Bouba con un plico che conteneva tutta la documentazione e gli accrediti necessari. In particolare si soffermarono su passaporto, un poco infastidito per la foto q Bouba aveva scelto. Renèe sorrideva sottecchi mentre Denise disse <ma questo chi è. Zio??>

Compilarono l’elenco della documentazione; oltre al passaporto vi erano le credenziali, era stato nominato responsabile commerciale del consolato, in un’altra lettera spiegavano che era esperto nel settore agroalimentare.

Francesco ripose, in maniera cronologica, i documenti in una tasca interna di una sua valigia di medio peso, che gli stava prestando con la promessa di restituirgliela. >Mi raccomando Ruggero trattala bene>

Quando fu più libero riuscì a collegarsi con Angela, che lo aggiornò come sempre in maniera tartagliata, a “nimmi”, come si dice da noi, sugli ultimi avvenimenti. La sentiva ancora molto tesa. Il lavoro con Giuseppe andava avanti ed aveva molte novità, che doveva però dargli solamente in presenza.

Ruggero comprendeva il perché, si scambiarono un vicendevole in bocca al lupo e Ruggero alla fine l’avvisò sulle difficoltà che avrebbe avuto a contattarla nelle prossime settimane, ma che avrebbe tentato in ogni modo di darle notizie. Lei era molto emozionata ma anche preoccupata.

Marcello era già in aeroporto quando arrivarono. Abbigliato sobriamente come sempre, trovarono un angolino al bar vicino ai gates dove si scambiarono gli ultimi aggiornamenti. <Dash non è stata più vista dal giorno dell’omicidio di Thomas, è certamente ricercata dalle forze governative subentrate, ma non sembra che abbiano avuto successo, malgrado una taglia elevatissima posta sulla sua testa. Nonostante la narrazione giornalistica francese, vi erano ancora molta guerriglia per le strade ed un coprifuoco rigido.

Parlarono ancora del più e del meno per rilassarsi ed infine si avviarono verso il Gate, dopo l’annuncio della partenza. Un abbraccio di entrambi fortissimo a Francesco e si diressero agli imbarchi insieme ad altri passeggeri quasi tutti di nazionalità francese. Il volo prevedeva uno scalo intermedio a Bakamo dove era prevista la base logistica di Marcello e quindi un altro ancora al confine con Burkina da dove Ruggero avrebbe proseguito in auto

IN MALI                

Il volo fu puntuale, atterrarono a Bamako in perfetto orario; agli arrivi recuperarono velocemente i bagagli approfittando delle corsie prioritarie ed anche al controllo documenti le procedure furono rapidissime. Nella sala arrivi furono incrociati subito da 2 Maliani, ben vestiti dall’aspetto militare, che si presentarono subito, e chiesero di seguirli in auto, Il più anziano disse subito <Sono Karim, assistente dell’eccellenza Manadou a vs disposizione, lui è il Maggiore Moussa> sottolineò, rivolgendosi al suo accompagnatore, <che sarà la VS ombra per tutta la missione> aggiunse completando le presentazioni.

Bamako anche la sera, quale metropoli territoriale, mostrava sulle strade e marciapiedi un intensa attività mondana. Attraversarono velocemente il centro per fermarsi in un’area residenziale, poco appariscente ma ben curata, dove scesero portando con se anche i bagagli.

L’alloggio era al primo piano. Molto confortevole ed ampio

Karim, mostrò i locali dove avrebbero soggiornato quella notte, quindi li lasciò liberi informandoli che avrebbe aspettato nel soggiorno per il briefing. Ruggero e Marcello approfittarono per farsi un caffè lungo nella macchinetta automatica e quindi furono pronti subito. La riunione fu molto lunga ed articolata. Karim, era molto militare, prese in mano le redini della discussione e riepilogò ulteriormente in maniera certosina tutte le fasi di quella missione..

Cominciò con Moussa a ricontrollare tutte le credenziali di Ruggero e gliele ritornò con approvazione, Quindi mostrò a Marcello i sistemi di collegamento che avevano installato nel soggiorno. Una Radio sequenziata, più un telefono satellitare. <Il pc ha un PVN molto sofisticato, aggiunse, così come il portatile> che consegnò a Ruggero.

Dotò Ruggero di una ulteriore carta di credito, di una primaria banca Maliana, <pressoché illimitata> sottolineò. Ed infine mostrò a video il volto del referente che da Sikasso avrebbe condotto Ruggero e Moussa a Burkina; Il tenente Ngobo.

<Sarò sempre al vostro fianco> aggiunse <nella nostra sede diplomatica disporrete di un ulteriore referente di emergenza>.

 Nessun altro nello stabilimento consolare è informato su di voi. Non ci fidiamo di nessuno, disse quasi in maniera conclusiva, Dopo un brindisi con un prodotto alcolico di erbe locale, Li invitò a dormire. Avevano deciso già a Parigi con Bouba che sarebbero andati dal Mali in Burkina in auto transitando da Sikasso per passare pressoché inosservati. La decisione trovò tutti concordi.

La sveglia arrivò molto presto per Ruggero, fece un’abbondante colazione con prodotti locali, altro check di bagagli e documenti e quindi Karim avvisò Ruggero che Moussa lo aspettava giù per trasferirlo in aeroporto.

Un lungo e commosso abbraccio con Marcello, con tutte le raccomandazioni e via. In aeroporto si salutarono con rispetto con il karim e si imbarcò insieme a Moussa su un volo locale Air Mali.  Un Cesnna sulla pista già rullava e furono a Sikasso in 1 ora.

Nella Hall spartana, si fece incontro un altro uomo di Bouba, chericonobbe dalla foto mostratagli nel briefing, il preannunciato tenente Ngobo, che salutando con deferenza prese i bagagli e li ripose in un pick up esteriormente malmesso, che sarebbe stato il loro mezzo per gli spostamenti.

Moussa si mise subito alla guida relegando il tenente sull’ampio sedile posteriore, come per vigilare <abbiamo molta strada da fare monsieur per arrivare al confine in Mali. < Da quel momento dobbiamo stare molto accorti, faccia parlare sempre me monsieur, quando possibile e non si sposti di una virgola dalle credenziali. Tranquillo è tutto a posto si rilassi, concluse>

pag 150-200

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