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Bosnia Documenti Segreti

La scorsa settimana ricorreva l’anniversario dell’intervento Nato nell’ex Jugoslavia (24 marzo 1999), che si può considerare il primo passo di quella guerra mondiale fatta a pezzi denunciata da tempo da papa Francesco, che ora ha il suo focus in Ucraina.

Tante le motivazioni di quell’intervento, ad esempio quella di rilanciare l’immagine della presidenza Clinton, appannata dallo scandalo Lewinsky. Ma il proposito di dar vita a un’intervento Nato nella ex Jugoslavia partiva da lontano, come anche l’idea di colpire la Serbia.

Ultimo residuo dell’ex impero sovietico conficcato nel cuore dell’Occidente, la Serbia era per la Nato una sfida che doveva essere affrontata. Il redde rationem contro Belgrado ha i suoi prodromi nella guerra bosniaca, nella quale, tra il 1992 e il 1995, si confrontarono gli eserciti croati, serbi e bosniaci e che si concluse con l’accordo di Dayton.

Una guerra che, secondo la narrativa ufficiale, era riconducibile all’intenzione di Belgrado di dar vita a una “Grande Serbia”, annettendo parte della Bosnia (la stessa motivazione avrebbe innescato nel ’99 l’intervento Nato, asserendo che la Serbia voleva annettere il Kosovo).

Kit Klaremberg e Tom Seker hanno avuto accesso ai documenti segreti delle forze di pace canadesi presenti in Bosnia nei primi anni ’90, le UNPROFOR, rivelando la faccia nascosta di quel conflitto.

Felipe González, Bill Clinton, Jacques Chirac, Helmut Kohl, John Major e Viktor Chernomyrdin osservano la firma dell’accordo di Dayton da parte di Slobodan Miloševic (Serbia), Franjo Tucman (Croazia) e Alija Izetbegovic (Bosnia Erzegovina).

Quando gli Usa sabotarono la pace

“È un fatto poco noto – scrivono i due cronisti su ZeroHedge – ma alquanto riconosciuto che gli Stati Uniti hanno gettato le basi per la guerra in Bosnia, sabotando l’accordo di pace negoziato dalla Comunità Europea all’inizio del 1992 [Accordo di Lisbona, artefici Lord Carrington e José Cutileiro ndr]”.

“In base all’accordo, la Bosnia sarebbe diventata una confederazione composta da tre regioni autonome divise lungo linee etniche”. Non era perfetto, scrivono i cronisti, ma le parti avrebbero ottenuto quanto poi più o meno stabilito a Dayton e avrebbe evitato la guerra.

“Ma, il 28 marzo 1992, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Jugoslavia Warren Zimmerman incontrò il presidente bosniaco musulmano Alija Izetbegovic per offrire al suo Paese il riconoscimento di Washington come stato indipendente. E promettendo un supporto incondizionato nell’inevitabile guerra successiva, se avesse respinto la proposta della Comunità europea. Alcune ore dopo, Izetbegovic si avviò verso un sentiero di guerra” (Doug Bandow, sul National Interest, aveva già denunciata tale nefasta ingerenza, riportando anche le accuse in tal senso dello stesso Cutileiro).

Tanti analisti spiegano l’ingerenza Usa come un modo per contrastare un piano di pace che avrebbe reso più forte l’Europa grazie al ruolo di mediazione. Ma “i cablogrammi UNPROFOR rivelano che c’era al lavoro un’agenda molto più oscura. Washington voleva che la Jugoslavia fosse ridotta in macerie e progettava di mettere in ginocchio i serbi prolungando la guerra il più a lungo possibile“.

Secondo la versione ufficiale a far saltare l’Accordo di Lisbona furono i serbi, ma “i documenti dell’UNPROFOR chiariscono più volte che non è andata così”, dal momento che l’ostacolo “insormontabile” per gli accordi di pace furono le richieste degli “islamici” (così venivano identificati nei cablo i bosniaci guidati da Izetbegovic).

Altri passaggi dei documenti, poi, rivelano come “le interferenze esterne nel processo di pace” “non hanno aiutato la situazione” e “nessun accordo di pace” può essere raggiunto “se le parti esterne continuano a incoraggiare gli islamici a essere esigenti e inflessibili”. I cronisti chiariscono che tali interferenze venivano da Washington.

“Incoraggiare Izetbegovic a resistere a ulteriori concessioni” e “il chiaro desiderio degli Stati Uniti di revocare l’embargo sulle armi nei confronti dei musulmani [bosniaci ndr] e di bombardare i serbi costituiscono dei seri ostacoli per la fine dei combattimenti”, registrano le forze di pace canadesi il 7 settembre 1993.

Il giorno successivo, le forze canadesi riferiscono che “i serbi sono stati i più conformi al cessate il fuoco”. Mentre Izetbegovic  basava la sua posizione negoziale sulla “‘immagine largamente diffusa dei serbi bosniaci come cattivi“. Consolidare tale falsità ha avuto come esito quello di innescare “gli attacchi aerei della NATO sui territori serbi“.

Così su un cablogramma della UNPROFOR: “Non ci saranno colloqui seri a Ginevra finché Izetbegovic crederà che i serbi subiranno attacchi aerei [Nato ndr]. I raid aerei rafforzeranno notevolmente la sua posizione e probabilmente lo renderanno meno collaborativo nei negoziati”.

La Jihad della Nato

Allo stesso tempo, i combattenti islamici “non stavano dando una possibilità ai colloqui di pace”, portando attacchi a tutto campo e “aiutando  Izetbegovic nel raggiungere il suo obiettivo”, annotano i cronisti di ZeroHedege, infatti, per tutto il ’93, le milizie islamiche hanno condotto “innumerevoli incursioni in territorio serbo in tutta la Bosnia, in violazione del cessate il fuoco”.

I cablogrammi dell’UNPROFOR illustrano ampiamente tali azioni, e come gli attacchi serbi, denunciati come attacchi proditori e in violazione al cessate il fuoco, fossero, in realtà, “azioni difensive o in risposta alla provocazioni”.

Infatti, complicare le cose, il fatto che miliziani “islamisti provenienti da tutto il mondo si sono riversati nel paese a partire dalla seconda metà del 1992, dando vita a una jihad contro croati e serbi. Molti di questi avevano già acquisito esperienza nel teatro di guerra afghano”, altri venivano reclutati altrove, inizialmente da turchi e iraniani, con i finanziamenti sauditi, per poi essere gestiti direttamente dall’America, che ne scaricò a migliaia con i suoi Hercules C-130.

“Le stime sul numero dei mujaheddin bosniaci variano notevolmente, ma il loro contributo fondamentale alla guerra è chiaro. Il negoziatore statunitense per i Balcani Richard Holbrooke nel 2001 dichiarò che i bosniaci ‘non sarebbero sopravvissuti’ senza il loro aiuto, e definì il loro ruolo nel conflitto un ‘patto con il diavolo‘ da cui Sarajevo doveva ancora riprendersi”.

Tali miliziani erano usi a creare false flag per incolpare i serbi di atrocità o di aver violato il cessate il fuoco. Così su un cablogramma dell’UNPROFOR: “Le milizie islamiche non disdegnano di sparare contro la loro stessa gente o contro obiettivi delle Nazioni Unite per poi dare la colpa ai serbi in modo da attrarre ulteriore simpatia presso l’opinione pubblica occidentale. Spesso posizionano la loro artiglieria in prossimità di edifici delle Nazioni Unite e aree sensibili come gli ospedali nella speranza che i serbi, rispondendo al fuoco, colpiscano tali siti sotto gli occhi dei media internazionali”.

In un altro cablogramma si ipotizzava che tali milizie avrebbero colpito l’aeroporto di Sarajevo, dove atterravano gli aiuti umanitari, perché i serbi sarebbero stati indicati come “ovvi” responsabili dell’attacco.

Così un altro cablo: “Sappiamo che in passato i musulmani hanno sparato sui loro stessi civili e sull’aeroporto per attirare l’attenzione dei media”. E un successivo: “Le forze islamiche al di fuori di Sarajevo, in passato, hanno piazzato esplosivi ad alto potenziale presso le loro stesse posizioni per poi farli esplodere sotto gli occhi dei media e accusare i serbi di averli bombardati”.

Africa Colpi di Stato AMERICANI

TRE VIDEO IMPORTANTI CHE CERTIFICANO L’ESPORTAZIONE DELLA DEMOCRAZIA USA NEL MONDO.

Si chiede al Gen. Langley quanti africani vengono addestrati in Africa e poi effettuano un colpo di Stato con i militari americani.E’ questo il valore fondamentale per cui li addestrate?1/3

In Guinea e in Burkina Faso il colpo di Stato è stato effettuato da africani addestrati dall’esercito USA per esportare democrazia?Perchè gli Americani dovrebbero pagare le tasse per addestrare gente in Africa che poi fa un colpo di Stato?Quanti governi rovesciati?un valore?

L’ESPORTAZIONE DELLA DEMOCRAZIA USA NEL MONDO.

AFGHANISTAN NARCO DECLASSIFICATI

Documenti declassificati dell’intelligence statunitense descrivono la storia dei talebani con il commercio illecito di stupefacenti

24 GENNAIO 2023tag: 

Afghanistan , 

DNSA , 

FOIA , 

Talebani

di Burkelly Hermann

Il 13 gennaio di quest’anno, Hasibullah Ahmadi, capo del dipartimento antidroga del ministero dell’Interno dell’Afghanistan, ha affermato che il traffico di droga dal paese è diminuito, ma ha ammesso che questo commercio illecito continua in alcune province. Questi commenti sollevano la questione dei legami dei talebani con il mercato dei narcotici e dei precedenti tentativi di frenare la produzione di droga. I documenti declassificati presenti nel post di oggi, tutti rilasciati ai sensi del Freedom of Information Act (FOIA), sono una selezione della nuova collezione Digital National Security Archive, Afghanistan War and the United States, 1998-2017 , pubblicata nel dicembre dello scorso anno. I tre documenti esaminati in questo post descrivono in dettaglio i legami dei talebani con le reti di trafficanti internazionali alla fine degli anni ’90 e i tentativi di regolamentare il mercato nei primi anni 2000 nel tentativo di ingraziarsi la comunità internazionale. Nel loro insieme, i documenti descrivono i legami dei talebani con i piani del traffico di droga e come i divieti sui papaveri, anche quando efficaci, hanno giovato finanziariamente ai talebani e ai consorzi di traffico associati. 

Con l’emergere del primo movimento talebano, dal 1994 al 1996, la produzione di stupefacenti è salita alle stelle in Afghanistan, con documenti declassificati che affermano che il gruppo si è allineato con i trafficanti di droga internazionali. Ci sono state indicazioni da parte di funzionari statunitensi che la produzione di stupefacenti nel paese è aumentata in modo significativo in seguito al controllo dei talebani su vaste aree del paese. In una stima segreta dell’intelligence nazionale (NIE) del maggio 2001 ora declassificata, l’Ufficio del direttore dell’intelligence nazionale ha sottolineato che nel 2000 il paese forniva circa il 72% dell'”oppio illecito” mondiale. Questo documento pesantemente redatto includeva una mappa che indicava le aree di coltivazione del papavero da oppio in Afghanistan (pagina 26) e un grafico che mostrava l’aumento della coltivazione di oppio tra il 1991 e il 2000. Il NIE ha notato che i produttori in Afghanistan erano passati a fornire e produrre più eroina per diversi anni prima 2001. 

Questa analisi è stata rafforzata da un documento di ricerca della CIA Top Secret del dicembre 1998, ora declassificato, preparato dal Direttore del Central Intelligence (DCI) Crime and Intelligence Center, e recentemente rilasciato ai sensi del FOIA al National Security Archive. Questo rapporto Top Secret pesantemente rimossodescrive in dettaglio l’esplosione del mercato dei narcotici sotto il dominio talebano, rilevando i legami del gruppo con Quetta Alliance, un giro internazionale di traffico di droga, che condivideva legami con Osama bin Laden. Inoltre, questo rapporto afferma che il crescente ruolo dei talebani nel paese ha fatto esplodere il business dei narcotici. Il documento valuta anche il coinvolgimento del gruppo nel traffico illecito di stupefacenti, affermando che esso comprendeva i massimi leader talebani e che questo commercio si è intensificato “negli ultimi anni”, portando a immensi profitti per l’organizzazione fondamentalista. In particolare, il DCI Crime and Intelligence Center afferma che i fornitori di stupefacenti afgani si erano spostati verso i mercati internazionali, oltre a distribuire ai trafficanti di droga in Turchia. Il documento sottolinea che i combattenti talebani hanno fornito “supporto logistico” e “protezione” per il traffico di droga e laboratori all’interno del paese. Più significativamente, il documento sostiene che i talebani hanno forgiato legami con l’Alleanza di Quetta, un importante gruppo di trafficanti regionali e sponsor terroristico di Osama bin Laden.

Questo articolo non era il solo a descrivere l’Alleanza di Quetta. Un rapporto pubblicamente disponibile dell’agosto 1994, compilato dalla Divisione Intelligence della Drug Enforcement Administration (DEA), descrive l’Alleanza di Quetta come un’alleanza tra tre potenti gruppi di trafficanti che operano a Quetta, all’interno della provincia pakistana del Baluchistan. Il rapporto della DEA affermava che questa libera alleanza era basata su legami familiari e descriveva l’operazione come “simile a un grande consorzio di produzione o di servizi”. Ciò si collegava all’affermazione contenuta nel suddetto documento del DCI Crime and Intelligence Center, che sosteneva che una volta che l’Alleanza di Quetta fosse diventata il gruppo di narcotraffico dominante nel sud dell’Afghanistan, avesse fornito sostegno finanziario e reclutamento ai fiorenti talebani.

Alla fine del 1999, i talebani avevano vietato la coltivazione del papavero. Questo sarebbe seguito da un divieto di coltivazione e traffico di oppio nel luglio 2000, quest’ultimo in un editto del leader talebano Mullah Omar. Tuttavia, questi divieti non hanno interferito con il traffico e la vendita di oppio o papavero. Un cablogramma segreto declassificato del luglio 2001 della Defense Intelligence Agency (DIA) affermava che, sebbene il divieto fosse principalmente efficace, aumentava comunque sostanzialmente le entrate dei talebani dal traffico illecito di droga. Il divieto ha seguito le risoluzioni 1267 e 1333 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, rispettivamente nel 1999 e nel 2000, che condannava “il significativo aumento della produzione illecita di oppio” e chiedeva che i talebani si adoperassero per “eliminare virtualmente la coltivazione illecita del papavero da oppio”. Successivamente, il cablogramma della DIA rileva che i talebani probabilmente hanno soppesato il riconoscimento da parte della comunità internazionale rispetto ai propri interessi quando hanno considerato un’estensione del divieto. 

Questo cablogramma DIA ora declassificato affermava inoltre che mentre il divieto dei talebani avrebbe probabilmente ridotto la produzione mondiale di oppio di almeno il 50%, il divieto ha portato al quadruplicamento del prezzo afghano di oppio, morfina base ed eroina, che in precedenza erano record bassi. Il cablogramma afferma esplicitamente che un anno dopo il divieto i talebani beneficiavano ancora sostanzialmente dei proventi della droga, “… principalmente dalle tasse sul continuo traffico di stupefacenti e dalle scorte di stupefacenti di proprietà dei talebani, il cui valore è aumentato notevolmente”. Il cablogramma della DIA rileva inoltre che il divieto probabilmente non avrebbe avuto un impatto sugli Stati Uniti nei prossimi mesi, poiché le sue principali fonti di eroina provenivano dal sud-est asiatico e dall’America Latina. Mentre i talebani non hanno mai dovuto soppesare i propri interessi nell’estendere il divieto dovuto agli Stati Uniti 

Per ulteriori documenti sui talebani, vedere i numerosi manuali dell’Archivio, incluso il post del 23 settembre 2021, ” Documenti appena pubblicati mettono in dubbio le affermazioni che i talebani rinunceranno ad al Qaeda “. 

Gli ettari coltivati a papavero da oppio e il programma di eradicazioni in Afghanistan dal 1998-2014 (World Drug Report Unodc 2015)

L’Ufficio dell’Onu per la droga e il crimine (Unodc) ha stimato per il 2016 una produzione di 4.800 tonnellate di oppio, ammettendo sia «sottostimata sulla base dell’altezza e della densità delle piante osservata dai satelliti», malgrado ciò comunque quasi il doppio (+43%) delle 3.300 tonnellate dell’anno precedente. È aumentato inoltre il rendimento medio delle colture: dai 26,3 chilogrammi di oppio per ettaro del 2013, ai 28,7 chilogrammi del 2014. Di conseguenza, sempre per il 2016, l’Unodc stima una crescita del 30%, grazie alle «favorevoli condizioni climatiche» [14]. Le già inefficaci eradicazioni sono del resto calate nel 2016 del 91%, con appena 355 ettari distrutti. Ufficialmente per le difficili condizioni di sicurezza: 8 morti e 7 feriti nella campagna di eradicazione 2016, con 5 vittime e 18 persone colpite nell’annata precedente [15]. La verità sembra però essere un’altra, ben più scomoda. La chiariva anche un comunicato radio del comando della missione Nato, rivolto alla popolazione di quella provincia: «Stimato popolo dell’Helmand, i soldati dell’Isaf non distruggono i campi di papavero perché sanno che molti in Afghanistan non hanno alternative alla coltivazione del papavero. L’Isaf non vuole sottrarre alla popolazione i mezzi necessari per sostentarsi» [16]. Nel 2010, l’assistente strategico del generale americano Stanley McChrystal dirà la stessa identica cosa ai contadini del distretto di Majrah, formalmente parte di quello di Nad Ali nella provincia sud-occidentale di Helmand, appena riconquistato dai Marines americani dopo una grande offensiva militare: «Non distruggeremo le piantagioni di papavero, perché non possiamo colpire la fonte di sussistenza della popolazione di cui vogliamo conquistare la fiducia» [17]. Lo stesso presidente Karzai nel 2004 rigettò la proposta internazionale di fermare la produzione di oppio attraverso lo spargimento aereo di erbicidi chimici, spiegando che questa coltivazione costituiva l’unica fonte di sostentamento per larga parte degli afghani.

Per Barnett Rubin, consulente del governo Usa per l’Afghanistan, «quando il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld incontra in Afghanistan personaggi noti come narcotrafficanti, il messaggio che lancia è chiaro: aiutateci a combattere i talebani e nessuno interferirà con i vostri business» [8]. La connivenza degli Stati Uniti e della Nato con i signori della droga afghani prosegue anche dopo l’arrivo di Barak Obama alla Casa Bianca, ma con una rettifica. La nuova amministrazione decide di abbandonare l’imbarazzante linea, seguita fino a quel momento, di assoluto disinteresse al problema oppio, in favore di un intervento “selettivo” volto a colpire solamente i signori della droga legati ai talebani, ma – badate bene – solo quelli, perché con i narcos “amici” si continua invece a chiudere un occhio. Nell’agosto del 2009 un quotidiano statunitense annuncia che il Pentagono ha stilato una lista nera comprendente una cinquantina di narcotrafficanti afghani da catturare o da uccidere: «Non tutti i trafficanti, ma solo quelli che sostengono l’insurrezione e che con essa hanno legami certi» [9]. In Afghanistan la Cia e la Dea sono nuovamente in conflitto di interessi, peraltro con l’antidroga statunitense tra il 2001 e il 2003 con soli 2 agenti sul posto, saliti a 13 dopo il 2004.

1) Documenti National Security Archive

Clinton voleva “creare la partnership USA-Russia più stretta possibile”

Strobe Talbott ha visto la trasformazione russa come “il più grande miracolo politico della nostra era”

Clinton ha promesso di “fare tutto il possibile per aiutare le riforme democratiche della Russia ad avere successo”
 

Con la fine della Guerra Fredda e la dissoluzione dell’Unione Sovietica, il presidente Bill Clinton era determinato a non perdere un’opportunità storica per aiutare la Russia a trasformarsi in uno stato capitalista democratico, secondo una serie di documenti declassificati Documenti del Dipartimento di Stato pubblicati oggi dal National Security Archive.

La pubblicazione odierna include una trascrizione della prima conversazione telefonica tra Clinton e Eltsin nel 1993, un perspicace promemoria di transizione del Segretario di Stato uscente, Lawrence Eagleburger, e un briefing di alto livello del principale assistente di Clinton in Russia, Strobe Talbott. I documenti mostrano Clinton, i suoi consiglieri e i loro predecessori nell’amministrazione Bush alle prese con una serie di sfide politiche chiave, tra cui la presenza di armi nucleari in tre ex repubbliche sovietiche, il rapido crollo dell’economia russa e le crescenti tensioni tra il presidente Boris Eltsin e il Parlamento russo nel 1992. Anche se Clinton rifletteva su queste importanti scelte politiche, lui ei suoi consiglieri provarono una profonda empatia personale per il presidente russo in difficoltà e per il progetto di riforma che aveva intrapreso.

Declassificati in risposta alle richieste del Freedom of Information Act (FOIA) da parte del National Security Archive, questi documenti sono i primi punti salienti di una prossima raccolta di riferimenti sulle relazioni USA-Russia che coprono tutti gli anni ’90. Quel set, Relazioni USA-Russia dalla fine dell’Unione Sovietica all’ascesa di Vladimir Putin , sarà pubblicato da ProQuest come parte della pluripremiata serie Digital National Security Archive .

Ancor prima che William Jefferson Clinton diventasse il 42esimo presidente degli Stati Uniti, aveva sviluppato un profondo interesse per la Russia e la sua difficile trasformazione. Durante la sua campagna presidenziale, Clinton ha chiesto maggiori aiuti economici statunitensi alla Russia e ha criticato l’approccio cauto dell’amministrazione Bush. Nel suo discorso alla Foreign Policy Association a New York il 1° aprile 1992, il governatore Clinton ha parlato del sostegno ai cambiamenti rivoluzionari in Russia, che (insieme a una nota segreta dell’ex presidente Richard Nixon) [1] ha spinto l’amministrazione Bush ad annunciare la sua proprio pacchetto di aiuti. [2] Tuttavia, gran parte dell’assistenza promessa non si era mai materializzata. [3]

Il primo incontro di Clinton con Eltsin ebbe luogo durante la visita del presidente russo a Washington nel giugno 1992, due settimane dopo che Clinton divenne il presunto candidato democratico. A quel tempo, Eltsin era concentrato su Bush, convinto che avrebbe vinto la rielezione. Clinton era “un grande ammiratore di [Eltsin] da quando si trovava su un carro armato per opporsi a un tentativo di colpo di stato” nell’agosto 1991 e lo trovò “educato e amichevole ma leggermente condiscendente” nel loro incontro del 1992. [4] Clinton, tuttavia, ha subito preso in simpatia il corpulento russo con radici siberiane che ora era impegnato con passione a trasformare la Russia in una democrazia e in un’economia di mercato. Clinton ha deciso di fare della trasformazione della Russia la sua massima priorità di politica estera.

Affrontare il mondo post-Guerra Fredda è stata una sfida enorme per gli Stati Uniti quando Clinton è entrato in carica. Nel suo memorandum di transizione del 5 gennaio 1993 al Segretario di Stato designato da Clinton, Warren Christopher, il Segretario di Stato uscente Lawrence Eagleburger ha affermato che il destino della riforma russa sarebbe stato il fattore chiave per garantire la pace e la sicurezza in Europa (Documento 1) . Eagleburger era un diplomatico esperto e di alto rango ed ex aiutante di politica estera di Henry Kissinger che divenne Segretario di Stato quando Bush chiese a James Baker di unirsi alla sua campagna nel 1992. politica (“È l’economia, stupido!”). È interessante notare che il promemoria non contiene alcun accenno al futuro della NATO se non nel contesto del mantenimento della pace nell’ex Jugoslavia.

Mentre Eagleburger era principalmente preoccupato per le armi di distruzione di massa e la possibile proliferazione, Clinton voleva che le relazioni degli Stati Uniti con la Russia riguardassero molto più del controllo degli armamenti. Talbott ha ricordato come Clinton fosse totalmente immerso in ciò che stava accadendo in Russia durante la sua vacanza di lavoro all’inizio di gennaio 1993 a Hilton Head, nella Carolina del Sud. (Il presidente Bush era allora a Mosca per firmare il Trattato START II.) Secondo Talbott, “Clinton pensava molto alla Russia, ma non molto al controllo degli armamenti”. Il presidente eletto ha visto affrontare la crisi economica della Russia come la principale sfida della giornata. L’economia russa era in gravi difficoltà, poiché l’iperinflazione e la conseguente perdita di risparmi personali lasciavano un vero pericolo di fame durante l’inverno. [5]

Clinton ha fatto la sua prima telefonata a Eltsin due giorni dopo l’inaugurazione per esprimere il suo impegno a sostenere le riforme russe, usando più volte la parola “partnership” durante la conversazione. Eltsin era ubriaco quando ha risposto alla chiamata, secondo Talbott, che ha detto che le sue “parole erano confuse” e che “sembrava che ascoltasse a malapena ciò che Clinton aveva da dire”. L’ubriachezza del presidente russo “ha più divertito che scioccato” Clinton, cresciuto con un patrigno alcolizzato. Dopo la conversazione, ha descritto Eltsin a Talbott come un “candidato all’amore duro, se mai ne avessi sentito uno”. [6]  Ma finché Eltsin rimase impegnato nelle riforme democratiche, il suo bere non avrebbe fatto deragliare il rapporto. L’alcolismo di Eltsin sarebbe rimasto un tema durante la maggior parte dei 18 vertici tra i due leader.

La scelta di Talbott come “mano della Russia” di Clinton (Ambasciatore Generale e Consigliere Speciale del Segretario di Stato sui Nuovi Stati Indipendenti dell’ex Unione Sovietica) è stata simbolica e ha anche segnalato l’impegno personale del presidente nei confronti di Stati Uniti-Russia relazione. Talbott era amico personale e compagno di stanza di Clinton dai suoi giorni come Rhodes Scholar. Aveva una profonda esperienza nelle relazioni USA-URSS, parlava correntemente il russo ed era determinato a non perdere l’occasione di aiutare la Russia nel suo cammino verso la democrazia e il libero mercato. Nel suo libro, Talbott sottolinea che, in realtà, fu lo stesso Bill Clinton a “diventare il principale braccio destro del governo degli Stati Uniti in Russia, e così rimase per tutta la durata della sua presidenza”, a causa del suo profondo coinvolgimento nella politica nei confronti della Russia. [7]

Talbott vedeva la trasformazione russa come “il più grande miracolo politico della nostra era” e riteneva che, in caso di successo, avrebbe avuto un’importanza storica simile alla fondazione degli Stati Uniti e del suo sistema democratico (Documento 3). L’appassionato appello di Talbott a sostenere i riformatori russi suggerisce che la politica russa dell’amministrazione Clinton fosse genuina, sincera e ben intenzionata.

A partire da Gorbaciov, e ancora di più da Eltsin, i leader russi desideravano disperatamente l’istituzione di un nuovo sistema internazionale in cui la Russia sarebbe stata un vero partner dell’Occidente. Nel 1993, tutti gli elementi necessari sembravano essere presenti: l’impegno personale di Bill Clinton, la volontà della Russia di seguire l’esempio degli Stati Uniti su molte questioni internazionali e una buona esperienza di cooperazione produttiva nell’ambito del programma Nunn- Lugar . La politica russa di Clinton produrrà alcuni straordinari risultati (ironicamente la maggior parte dei quali nel controllo degli armamenti) e molte delusioni negli anni ’90. Ma in questo momento di grandi speranze nel febbraio 1993, il team russo di Clinton guardava al futuro con ottimismo.

The Museum of Modern Art MOMA

Il Museum of Modern Art di New York o MoMA è dedicato all’arte moderna e contemporanea. Questo museo è uno dei più grandi al mondo e ospita opere di Pablo Picasso, Jackson Pollock e Andy Warhol, solo per citarne alcuni. Le esposizioni cambiano di continuo, quindi ogni volta che si visita il MoMA è un’esperienza diversa. I biglietti qui sotto includono la possibilità di accedere saltando la fila, il che è piuttosto conveniente essendo questo uno dei musei più visitati di New York.

Video Moma New York Ottobre Novembre 2022

Sequenza di video per montaggio che fanno parte del video principale

Moma 1 Video parti

Moma 2 Video Parti

Moma 3 Video Parti

Moma 4 Video Parti

MOMA 5 Parti

Pollok

FOTOGRAFISKA MUSEUM Video

Video Guggenheim Museum
Libia Thanks Giving

Brasil Belem

NOWHERE LAND

Art Fotografiska New York

Fotografiska

David La Chapelle

“David LaChapelle, uno dei più importanti e dissacranti fotografi contemporanei. il suo concept ruta attorno al ritorno alla figura umana, a temi come il paradiso e le rappresentazioni della gioia, della natura e dell’anima, si uniscono al cosmo iconico, mitico, disseminato di stereotipi irriverenti e irridenti visioni post diluvio di LaChapelle, per continare a deliziare gli occhi e solleticare l’immaginario

Video Elaborato da me durante la visita dell’Ottobre novembre 2022

Foto Di repertorio

Insieme a Visitare altri Musei Arte a New York

Moma Museum

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    In questo post elencheremo tutti i Links dei ns Video.. DREAMING Il Sogno è una trasposizione dei desideri Perchè ciò avvenga bisogna imparare a sognare


New York Musei 2022 Ottobre Novembre

Attraverso i LInk di cui sotto Visitiamo I Musei: Di Moma, GuggenheimMuseum, Fotografiska, Metropolitan Museum, New York con i Video girati da me Nell’Ottobre Novembre 2022

Guggenheim Museum in NYC

The Museum of Modern Art MOMA

Fotografiska Museum New York

Metropolitan Museum of Art New York

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